At the top

E’ impossibile descrivere in poche parole quello che sto provando in questo momento. Sará giá difficile descrivere quello che é successo in queste ultime durissime settimane, spese tra un freddo inverno inglese ed una vita corsa su rotaie ad alta velocitá che portano cosí lontano ma concedono anche cosí poco tempo per gustarsi uno scorcio di panorama. Cominceró col dire che in questo momento tutta la mia vita gira intorno al credit crunch, questa crisi finanziaria che sta schiacciando le nostre vite con mano sempre piú pesante e della quale ora seriamente vediamo gli effetti sulla nostra vita quotidiana: al di lá della semplice constatazione che il numero generale di dipendenti fissi é in caduta libera ormai da mesi o che gli eventi sociali piú attesi come la famigerata cena di Natale sono soltanto un ricordo, partecipiamo anche tristemente con una frequenza imbarazzante alla compilazione di cartoline di addio per colleghi gettati nella categoria dell’”esubero” come uno straccio puzzolente finito del cestino dopo mesi di uso sfrenato. Venerdí scorso ho assistito personalmente all’eliminazione di un collega del mio dipartimento. Infatti alle ore 9 il quartier generale di Parigi ha chiamato il direttore del mio dipartimento con una semplice istruzione: “in giornata il tuo dipartimento deve contare un dipendente in meno”, e questa richiesta é stata rispettata dal nostro capo senza fare una piega. Cosí il mio collega in questione che lavorava nel mio stesso dipartimento da 15 anni é stato invitato ad abbandonare il posto di lavoro proprio 10 minuti dopo essere entrato in ufficio ed averci detto “Good morning”. Lo so che a voi italiani questa cosa suonerá come fantascienza, come lo faceva a me fino a poco tempo fa, eppure in Inghilterra un’azienda in difficoltá ha la piena possibilitá di chiudere per sempre una posizione di lavoro pertanto licenziando il relativo dipendente a patto di pagargli il dovuto mese di preavviso (che poi viene tradotto in un mese di vacanza di modo che abbia il tempo di cercare un nuovo posto di lavoro). Sebbene logicamente come ultimo arrivato sarei dovuto essere stato il primo a partire, alla prova dei fatti cosí non é stato, il direttore ha deciso di salvarmi, forse alla luce del mastodontico spostamento che avevo tra le mani proprio in queste settimane. Concluse le condoglianze per lo sfortunato collega proprio di questo vorrei parlare, dello spostamento ufficio, in quanto ancora una volta diretta conseguenza del credit crunch. Una delle tante direttive ricevute da Parigi ci ha ordinato infatti di chiudere un nostro ufficio esterno nel quale lavoravano 52 persone e di “rincasarle” nel nostro quartiere generale, cosa che non solo ha richiesto la progettazione di un’area apposita creata nel nostro edificio ma anche di una colossale organizzazione del trasloco di questi dipendenti da un edificio all’altro. Cosí dopo essere stato progettato per settimane il famigerato spostamento é finalmente iniziato ieri pomeriggio e ha coinvolto 74 pc completi, 23 stampanti, 17 fax, 52 armadi da 6 ripiani l’uno, 150 box di effetti personali, piú cavi e adattatori e telefoni e chi piú ne ha piú ne metta. Qua si é presentata la mia occasione unica: la mia inossidabile capa Susan (inferiore al direttore del dipartimento ma capa del mio team, per dare un’idea dei ruoli) invece di lasciarmi con la parte del mero progetto e quindi a designare uffici da una finestra elettronica finalmente mi ha regalato l’occasione non soltanto di assistere al momento dell’installazione del mobilio e delle apparecchiature elettroniche ma addirittura di diventare io stesso responsabile di supervisione e coordinazione dell’intero spostamento, ossia di istruire e guidare i tecnici ed i lavoratori su come e quando portare a termine l’intero lavoro. Chiaramente parliamo di un ruolo a me completamente estraneo eppure allo stesso tempo dell’ultima complementare fetta di conoscenza che mi permettesse di capire come funziona il processo che passa dalla progettazione alla realizzazione di un nuovo ufficio, per di piú tramite il trasferimento di un ufficio giá esistente ed attivo, ed é stata una sfida notevole, ambiziosa, forse un po’ pazza, che peró credo di aver compiuto con successo. E’ stato ovviamente un susseguirsi di soddisfazioni e di problemi, di sorrisi e di sfuriate, di energia e di abbattimento. Le settimane della progettazione del nuovo ufficio sono state nulla in confronto a questi ultimi giorni di effettivo “coordinamento” dello spostamento vero e proprio: dal contattare i subcontrattori che dovevano fornire la scorta (per via dei dati confidenziali coinvolti nello spostamento), all’autorizzazione per l’utilizzo dei camion ad alto carico (dovendo spostare 2 enormi cassaforti), alla raccolta nomi e fotografie dei singoli lavoratori cui fornire il pass per accedere all’edificio, al colloquio con il pazzo supervisore della ditta di trasporti per verificare non fosse anche un incompetente, alla supervisione vera e propria dello spostamento durante il quale uno sciacallo di passaggio ha tentato di infilarsi nell’ufficio approfittando del baccano ed uscirne con un pc sotto al braccio con i dati riservati di dio solo sa quali clienti, all’assicurarsi che i tecnici di IT e telecomunicazioni collegassero in maniera impeccabile tutte le attrezzature costosissime, al seguire e rimproverare lavoratori il cui unico obiettivo era andare a casa il prima possibile invece di completare correttamente il proprio lavoro.. l’imprevisto é sempre stato dietro all’angolo (ed ovviamente non si é poi fatto attendere), peró alla fine ce l’ho fatta e nonostante abbia per me significato passare un venerdí sera e praticamente un intero sabato sul luogo di lavoro ne é valsa la pena fino in fondo, per il senso di realizzazione, per il gusto dell’ammirare la nuova area da me progettata e realizzata, per l’avercela fatta senza che nessuno mi avesse detto quando lo dovevo fare e senza che il mio capo fosse lí con me per dirmi come farlo.
E poi ore dopo ci si ritrova al pub a parlare di Londra, dei suoi cittadini, del suo clima, del suo credit crunch, dei suoi contratti incerti e la sua vita stressante, ed io cosa posso dire? Come posso permettermi di dire anche una sola parola negativa contro questa cittá che mi ha dato tutto? Non avevo una casa e mi ha dato una casa, non avevo un lavoro e mi ha dato un lavoro appagante, non avevo amici e ha messo sul mio sentiero amici meravigliosi, sono arrivato che mi trovavo sul fondo della valle e in 24 mesi Londra mi ha messo al top della montagna.
Ma c’é ancora cosí tanto dietro a tutto questo che ancora non trovo il modo di spiegare, dal lato psicologico e personale: per Londra io potevo essere un semplice immigrato di una nazione straniera, eppure il mio direttore di dipartimento ha dimostrato di credere in me al punto da sacrificare un suo connazionale per me, il mio capo mi ha dato fiducia al punto di andare ad una partita di football lasciando 12 persone sotto la mia direzione pur io non avessi un minimo di esperienza o titolo di studio anche lontanamente inerenti allo space planning, io stesso non ho sentito un minimo di peso di prevenzione o di pregiudizio nei miei confronti e tutto questo sotto il peso dello standard di una banca internazionale. E inevitabilmente poi mi trovo a pensare a quanto questo sarebbe stato possibile nel mio paese, dove ho lavorato per 6 anni e forse avrei potuto brillare quanto brillo ora ma nessuno ha mai pensato di permettermelo, di concedermi un centimetro in piú dello spazio che veniva dettato dal mio titolo di lavoro, perché fuori ero soltanto uno sfigato e dentro ero soltanto un sognatore con quattro ore di straordinari sulla busta paga mensile e la foto del Tower Bridge come sfondo di Windows.

8 comments to At the top

  • nex

    “E inevitabilmente poi mi trovo a pensare a quanto questo sarebbe stato possibile nel mio paese, dove ho lavorato per 6 anni e forse avrei potuto brillare quanto brillo ora ma nessuno ha mai pensato di permettermelo, di concedermi un centimetro in piú dello spazio che veniva dettato dal mio titolo di lavoro, perché fuori ero soltanto uno sfigato e dentro ero soltanto un sognatore con quattro ore di straordinari sulla busta paga mensile e la foto del Tower Bridge come sfondo di Windows”

    Non potevi esprimere meglio le tue sensazioni.

    Anche se ti definisci un “disadattato” secondo me hai capito un sacco di cose della vita che la maggior parte degli “adattati” non possono neanche percepire.

  • potrei tirare ad indovinare che sfondo hai ora sul desktop della tua testolina, sai 🙂

    complimenti. e non sarà l’ultima bandierina che pianti, io lo so.

  • Peccato solo per il tuo collega. Anzi, peccato per tutte le persone che perdono il lavoro di punto in bianco. Cmq hai ricordi un po’ idealizzati dell’Italia! Se ti vogliono mandar via lo fanno anche qui, trattandoti male finchè non te ne vai. E poi al momento di pagare il dovuto… picche! Non importa se i mobili dell’ufficio li hai costruiti con le tue mani…

  • Complimenti davvero.
    E’ bello avere la fiducia e riuscire a ripagarla

  • Veramente tanti complimenti. Penso che tu meriti tutto questo e ti auguro che duri il più a lungo possibile.

  • Per prima cosa complimenti!
    Goditi questo periodo…