Caldarroste

 Vi é mai capitato uno di quei sogni lunghi una notte, che vi proiettano in un altro mondo dal quale al risveglio faticate a distaccarvi per incredulitá, o per rifiuto di tornare al mondo reale? E’ quello che mi é sucesso stanotte, e ne sono certo, tutto scatenato dalle caldarroste che ho mangiato ieri in Oxford Street, e che sono indelebilmente legate ai ricordi piú felici della mia infanzia. Ho cosí sognato il passato, con tutta la sua carica di malinconia, con tutte le sue tinte grigiastre tipiche del tempo che non torna piú, con tutti quei ricordi circondati da una perizia di dettagli che nemmeno concentrandomi per ore avrei saputo riportare alla luce.. Sono tornato alla mia infanzia, quando tutto era cosí semplice, quando tutta la cattiveria del mondo mi era completamente estranea, quando le mie maggiori preoccupazioni erano arrivare a scuola in orario e fare i compiti per il giorno dopo, quando anche se non riuscivo a portare a termine qualcosa mia mamma l’avrebbe fatto per me, quando il mio quartiere era il mio mondo, e non esistevano viaggi fuori porta, non esistevano voli a basso costo della ryanair, esistevano soltanto le gite in montagna ad un ora di macchina e le scampagnate lungo il fiume con la bicicletta scassata di mia mamma. Non esistevano le preoccupazioni che ti prendono prima di andare a letto, i pensieri sull’affitto da pagare, sulle bollette del gas, sui vestiti da lavare e da stirare per il giorno dopo, le discussioni con i compagni di casa, ma esisteva soltanto un letto caldo con le coperte giá disfate che se ancora non era sufficiente a prendere sonno era sempre sostituibile con il caldo abbraccio di una madre sul cui petto poi ci si addormentava sempre. Ho sognato i giorni spensierati passati a girare tra i quartieri della mia cittadina senza sapere nemmeno bene dove si stava andando, soltanto per scoprire angoli nuovi e misteriosi, case abbandonate o abitate da signore misteriose che poi avrebbero animato storie inquietanti, e poi la sveglia della domenica mattina per andare in chiesa senza che in me nascesse alcuna obiezione di sorta sul motivo di tale obbligo settimanale, e la fila dal panettiere condita dall’orgoglio per avere la fiducia di mia madre nel farmi compiere qualcosa di cosí importante, tale da meritare la ricompensa di 500 lire per "comprarti quello che vuoi", e poi le passeggiate a Bergamo bassa nel periodo di Natale, quando il momento piú bello era ricevere quelle caldarroste all’uscita da messa che non potevo realizzare che sarebbero poi state le piú buone della mia vita, e tutta la vita stessa andava cosí, senza pensieri, senza realizzazioni, senza obblighi né catene, senza lettore mp3, cellulare o videogiochi, senza gli amici del sabato sera, senza neanche conoscere una parvenza di significato della parola discoteca, alcool, droga o sesso, persino la triste parola "morte" veniva intesa come viaggio e non come annullamento, la morte che non fa sorgere domande e che fa andare avanti sulle certezze degli altri che sono granitiche ed altissime, la morte che non porta motivo di piangere ma richiede soltanto un cenno di saluto, che tanto a tutte le implicazioni psicologiche ci penseremo tra 10 anni, sempre se ne avremo voglia.
Dove diavolo sono finiti quei giorni? Dove diavolo é finita la mia ingenuitá, la mia spensieratezza?
Oggi scopro che la libertá dei grandi che sogni da piccolo, che accarezzi giornalmente vivendo un’ inconsapevole utopia non é altro che una grande fregatura, perché viene ad un prezzo che non si puó neanche capire, che ti strappa dalle piccole cose alle quali nemmeno ti rendevi conto di quanto avessi bisogno, ti schiaccia tra boccate di ossigeno delle quali puoi godere soltanto nella tua triste solitudine e che anche se condividerai con gli altri non sará mai incondizionatamente, non sará mai in modo totalmente disinteressato e sincero, nemmeno con la persona della tua vita, che della tua vita ha poi conosciuto soltanto una piccola parte e non ti potrá mai capire completamente, non capirá mai nemmeno l’importanza di due stupide caldarroste.
Eh cosí stamattina mi sono svegliato, ancora stordito dal cambio dell’ora, ed una volta realizzato dove mi trovavo e cosa mi aspettava nella mia giornata lavorativa, per un attimo ho raccolto la testa tra le mani e ho sperato che tornando a letto sarei poi stato svegliato da mia madre che strillava per farmi scendere a bere la tazza di latte caldo con i cereali, che mi avrebbe raggiunto correndo fino a metá strada verso scuola nel caso poi avessi dimenticato la merenda, che al mio ritorno mi avrebbe preparato pure il pranzo, e poi in serata pure la cena, e mi avrebbe anche vestito e lavato e io non avrei dovuto fare assolutamente niente perché andavo benissimo cosí com’ero, e da me non ci si aspettava niente se non che fossi un bravo bambino. E non che dopo 6 ore dal mio risveglio ho giá sulle spalle due meeting a base di calcoli assurdi su proiezioni di budget per i prossimi 13 mesi in una lingua che non é nemmeno la mia, e che da qui a piú infinito mi dovró preparare colazioni, pranzi e cene, e vestirmi e lavarmi e che nessun’altro lo fará al posto mio, e nemmeno lo voglio perché sono benissimo capace di farlo da solo ed é proprio qui il punto!
Ma fanculo, é tutta colpa delle caldarroste, non voglio piú vedere una singola caldarrosta per tutta la mia vita!

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