L’erba del Vicino (nordico) é sempre piú Verde

Lo scorso weekend mi sono ritrovato al pub con qualche amico britannico disadattato e, tra una pinta e l’altra, ho ancora una volta avuto il piacere di constatare quanto sia meraviglioso discutere con certe persone su come gira il mondo: ad esempio osservando intelligentemente come, anche in un quadro europeo economicamente pessimista e fatiscente, gli stati del nord Europa sembrino sempre essere quelli che se la passano meglio (vi é a questo punto chiaro che quando dico “tra una pinta e l’altra” quello che intendo veramente é “tra la pinta numero zero e la pinta numero uno“).

In effetti, recessione o non recessione, le nazioni del nord Europa sono ancora quelle che stracciano tutte le altre quando si parla di benessere, qualità della vita, felicità emotiva dei cittadini (ok, magari io non metterei proprio l’Irlanda al primo posto…).
Non solo: anche da un mero punto di vista governativo, stati come Svezia e Norvegia sono quelli che hanno il maggior numero di donne inserite nel mondo del lavoro, che propongono i migliori sussidi statali, che hanno un più alto reddito pro-capite. Anch’io ho sempre avuto l’idea personale che gli stati del nord Europa fossero quelli “civilmente più evoluti”, pur senza capirne bene il motivo.

Mi ha quindi in qualche modo dato fiducia scoprire che Dave Cameron ha recentemente incontrato in maniera “privata ed informale” (ma lui incontra tutti in maniera informale…) diversi capi di stato nordici, per cercare di carpire qualche consiglio su come rendere più snella la vecchia balena rossa-bianca-e-blu ed evolverla a livello di efficienza governativa e, possibilmente, civile. Quel che Cameron probabilmente avrà pensato nell’incontrare suddetti ministri sarà stato: “Ma come diavolo può uno Stato, in cui l’unica cosa che cresce sono le patate, avere un’economia più stabile della nostra?!” (che é poi la stessa cosa che si domanda l’Italia guardando il Regno Unito…), ma in realtà la spiegazione c’é, eccome, e potreste stupirvi nello scoprire che non é poi così “civile” come sembra…

Tutto, a quanto pare, ruota attorno alla cultura ed ai valori che in questa si danno a certe cose: ho scoperto infatti che in Svezia lo Stato “libera” la famiglia da qualsiasi obbligo verso gli anziani, che quindi possono tranquillamente essere lasciati a morire in casa (qualcuno informato mi aggiorni: in Italia il figlio ha doveri – escludendo quelli etici – verso il genitore anziano?), oppure – per chi é in vena di generosità – a prendere muffa in qualche economico ospizio statale; inoltre fornisce economici asili statali che si prendono cura giornalmente, fino ad otto ore al giorno, dell’80% dei bambini dai due anni d’età; infine, gli svedesi hanno anche un piacente ministro (che non a caso é chiamato in patria “il David Cameron svedese”) che spinge per la libertà lavorativa della donna proponendo frasi celebri quali: “E’ giusto che le donne lavorino, perché non solo così facendo aiutano l’economia, ma guadagnano anche indipendenza perché, dopotutto, non sai mai quanto il tuo matrimonio durerà” (Evviva).

Quanto, di quello riportato qua sopra, ha a che fare con i valori culturalmente significativi per paesi non-nordici? Io credo molto.
Per l’Italia probabilmente la situazione é ancora più sensibile: per lo meno nel Regno Unito se hai diciotto anni e sei maschio probabilmente vivi già fuori casa, mentre se sei femmina probabilmente stai facendo la seconda gravidanza; ma in Italia, a trent’anni, se sei fortunato, ti chiamano “bamboccione” perché non ti puoi permettere di staccarti dai genitori – e la società non spinge certo verso la convivenza tra amici – oppure sei figlio di Lazzaro e sei parcheggiato in un’università senza fine con la mammina che ti fa trovare la cena pronta ogni sera. Tornando ai britannici: anche loro adorano i loro genitori tanto quanto i figli e credo – senza sessismi voluti – che la donna venga percepita (e si senta lei stessa) ancora piuttosto soggetta all’uomo (basti vedere i salti di gioia che fanno quando perdono il cognome da nubile per prendere quello del marito…).
Insomma: sia per la Gran Bretagna che per l’Italia una società incentrata sulla dipendenza dai legami familiari avrà pur valori riconosciuti come “economicamente dubbi“, ma probabilmente, anche come nobili, e certamente in alcuni casi irrinunciabili.

Non parliamo poi del fattore onestà! Questo infatti é stato il mio apporto alla discussione tra disadattati citata ad inizio articolo: soltanto io ho l’impressione che man mano che si scende in Europa la disonestà aumenti? Certo gli svedesi ed i Norvegesi non si lamentano delle loro tasse altissime perché per lo meno hanno la certezza che tutto – o quasi – ritorna in tasca loro; i britannici certo qualche scandalo qua e là ce l’hanno ma i responsabili, una volta scovati, indossano per lo meno il vestito della vergogna e si dimettono immediatamente. Ma gli italiani, poveracci, che cosa devono fare? Loro sono così buoni da amare i parenti come amano gli evasori (che spesso coincidono comunque) e non hanno fiducia verso lo stato come la loro controparte nordica. Ancora una volta ci troviamo di fronte ad un inconciliabile gradino culturale.
E poi, sempre parlando di degrado geografico di onestá, guardate la Libia con il suo Gheddafi: vi pare che in un paese del genere ci potrà mai essere una mentalità “nordica”? Ma neanche se facessimo diventare l’intero paese un enorme consolato svedese! Anzi, geograficamente, Gheddafi fa sembrare Berlusconi proprio l’uomo giusto al posto giusto, esattamente collocato tra la dittatura libica di stampo familiare e la politica cristiano-democratica tedesca: quasi quasi é quello che ti aspetteresti a quella longitudine.
Quindi, riassumendo: se sentite di non aver assorbito la mentalitá del paese nel quale siete nati, e cercate un cinico realismo ed un funzionale egocentrismo civile, il mio consiglio é quello di emigrare a nord; se preferite la coltivazione di valori familiari e morbiditá giuridico-amministrativa, una societá un po’ piú maschilista, il sussidio statale sul bunga-bunga, allora una buona idea potrebbe essere quella di emigrare a sud. Il consiglio é valido anche per primi ministri (di tutte le nazioni), anzi, in particolare a questi: se andate ancora un po’ piú a Sud c’é Mugabe che vi aspetta tutti a braccia aperte. Non fate complimenti.

Scandali Britannici

A volte, per regalarsi una lettura leggera nella pausa pranzo, é sufficiente aquistare un giornale britannico di tutto rispetto che gridi in prima pagina allo scandalo. Indendiamoci, lo scandalo é spesso vero, peró a noi risulta una lettura leggera per un semplice motivo: siamo abituati a ben altro.

Ad ogni modo, facciamo finta di tornare “ingenui”, fare finta che non siamo italiani, e di scandalizzarci veramente per le cosa “scandalose”.
L’Independent porta oggi alla luce i dettagli di una “scandalosa cena” (cena privata) tra il primo ministro britannico Dave Cameron, e James Murdoch — proprio, lui, il figlio del magnate dell’informazione, Rupert Murdoch — alla quale hanno partecipato anche le rispettive consorti.

Cosa ci sará mai di tanto scandaloso in questa cena? La spiegazione va cercata a ritroso.

La scorsa settimana Cameron si é trovato senza un importante consigliere ministeriale: il suo direttore delle comunicazioni, Andy Coulson, ha infatti rassegnato dimissioni a cause delle incessanti pressioni dell’opinione pubblica su una brutta storia di intercettazioni illegali risalente al 2007: per riassumere, Coulson era all’epoca editore generale del tabloid britannico “News of the World” (un giornalaccio a base di tette, culi, e sciacallaggio mediatico – praticamente una via di mezzo tra “Eva Tremila”, “Chi”, ed “Il Giornale”, soltanto senza il guinzaglio), e si dovette dimettere dopo che si venne a scoprire che un giornalista un po’ troppo intraprendente era solito procurarsi illegalmente intercettazioni telefoniche di VIPS, politici di spicco, e persino membri della famiglia reale, per trovare materiale per pubblicare succosi scoops. Dopo l’arresto di suddetto giornalista, Coulson venne convocato all’House of Commons per dare spiegazioni sulla sua conoscenza — od eventuale coinvolgimento — nella vicenda, ma egli sostenne sempre (come ancora oggi fa) che fu totalmente estraneo all’operato del giornalista; dopodiché si dimise (spontaneamente) scusandosi per l’inaccettabile mancanza di supervisione al suo staff.

La faccenda comincia a farsi interessante quando si nota come nel Luglio 2007 — sei mesi dopo essersi dimesso da editore del News of the World — a Coulson venga offerto un posto di lavoro come Direttore delle Comunicazioni personale del Primo Ministro britannico Dave Cameron; un ruolo molto importante, renumerato secondo l’Independent £475,000 l’anno, poi smentito da Downing Street che rilascia un salario ufficiale di £140,000 (comunque lo stipendio piú alto di ogni consigliere ministeriale britannico).
Perché mai Dave Cameron dovrebbe offrire un posto di lavoro tanto delicato ad una persona tanto “chiacchierata”? Forse perché teme di essere stato intercettato anch’egli? Forse per avere accesso ad alcune intercettazioni  — di cui Coulson dopo tutto poteva essere a conoscenza? O forse per assumere dei “metodi di lavoro” che Coulson conosceva bene ed altri no?
Quel che sappiamo é che dal 2007 ad oggi numerosi altri giornali (giornali veri, non tabloid) hanno buttato ulteriore legna sul fuoco: dal Guardian al New York Times, molti hanno portato il loro pezzo di informazione che butta ulteriore luce sulla teoria che Coulson “era a conoscenza ed anzi incoraggiava” l’appropriazione di informazioni personali tramite intercettazione telefonica.
L’ultima goccia é arrivata appunto la scorsa settimana quando lo stesso Coulson — pur evitando sempre di ammettere un personale coinvolgimento nella vicenda delle intercettazioni — ha ceduto alle pressioni dichiarando “Quando un portavoce ha bisogno di un portavoce, é tempo di muoversi oltre“.

Cameron é seriamente colpito dalle dimissioni di Coulson per due motivi: il primo é che fino ad oggi si é sempre dichiarato completamente fiducioso nella sua onestá, e se si venisse quindi a scoprire che Coulson fu a conoscenza — o addirittura istigó — le intercettazioni significherebbe anche che per oltre tre anni Cameron avrebbe nutrito un criminale in seno, per di piú pagandolo con denaro pubblico.
Il secondo é che il News of the World fa parte dell’impero editoriale di Rupert Murdoch: lo stesso uomo che ha lanciato un’offerta pubblica di acquisto del 61% (ovvero la parte che ancora non possiede) su British Sky Broadcasting; se tale offerta se dovesse andare in porto consentirebbe alla compagnia si Murodch – la News Corp – di avere totale controllo sul piú grande servizio pay-tv del Regno Unito: coincidenza curiosa quando su suddetto acquisto proprio il ministro della cultura britannico (facente capo al governo Cameron) é chiamato ad esprimersi.

Ma la faccenda si fa ancora piú interessante quando andate su Wikipedia a vedere chi é il direttore del 39% di BSkyB, che la News Corp giá possiede: James Murdoch, figlio di Rupert Murdoch, l’uomo con il quale Dave Cameron é andato a cena! Subito dopo le dimissioni del suo direttore delle comunicazioni coinvolto in uno scandalo per intercettazioni!
I dubbi dell’Independent sono ben leciti: cosa c’é sotto? Cameron potrebbe avere un duplice interesse? Potrebbe essere sotto ricatto? Semplicemente interessato ad ottenere un certo tipo di “informazione”? O trattasi di una semplice cena privata?

Comunque, i britannici vanno in panico perché non hanno nessuna prova né verso l’una né verso l’altra teoria; ma, come detto in apertura, per noi italiani tutta la vicenda non é altro che una lettura leggera: innanziutto perché vedessimo la cena “da italiani” faremmo probabilmente una scrollata di spalle dicendo: “Nel migliore dei casi si tratta di corruzione semplice, nel peggiore di concussione, nel piú probabile di qualcosa nel mezzo”. In secondo luogo perché da noi una cena simile non avrebbe motivo di esserci: il primo ministro ed il principale proprietario di holdings di informazione sono giá la stessa persona, quindi semmai potremmo chiamare scandali altre cene, quelle aventi come ospiti “”imparziali”” (con quattro virgolette) giornalisti di tv di stato, o “imparziali” sindaci, o “imparziali” prostitute; questo senza contare le “imparziali” chiamate a direttori generali di canali di stato per fare chiudere programmi scomodi, le “imparziali” chiamate a questure per far rilasciare minorenni pseudo-figlie di presidenti egiziani, le “imparziali” intercettazioni di scomodi avversari politici.. la lista va avanti per ore!

Ah, la soglia britannica dello scandalo a confronto fa quasi tenerezza.

Ritorni (di ottimismo)

Probabilmente la maggior parte di voi giá ne sará al corrente: il 13 Gennaio scorso il sito www.lifeofamisfit.com é sparito dal web.
Poverino, stava festeggiando il quarto compleanno, l’hanno soppresso cosí.

Comunque questa volta, a differenza delle due precedenti, non é stato a causa di un attacco hacker, o delle minacce di cause legali da mogli di illustri ministi italiani; mi sono casualmente dimenticato di pagare la bolletta per il rinnovo (oops) ed il provider ha cosí deciso di disintegrare tutto come farebbero gli ATOs con un pacco sospetto in aeroporto.

Dopo essere stato preso da un coccolone, ed avere completato con successo il pagamento del dominio e del server a tempo di record, accedo nuovamente al pannello di controllo del registror per venire accolto dalla seguente frase “Benvenuto: crea il tuo nuovo sito web con tre click!“. Inarco un sopracciglio. Non hai capito, stupida macchina, io un sito ce l’avevo giá, rivoglio quell’altro!

Ovviamente non ho mai fatto un backup in vita mia, e mi sono scoperto preso dal panico quando non sono piú riuscito nell’accedere né al server FTP (per vedere cosa é rimasto del sito), né al database di MySql (per vedere cosa é rimasto dei post e dei commenti). Per un attimo mi é parso di capire cosa deve avere provato mia madre tutte quelle sere in cui sono rientrato a casa alla 6 di mattina senza mandare neanche un messaggio.
Alla fine scopro che l’unica cosa eliminata sono gli utenti FTP/MySql e le loro password e, ricreando gli accessi da capo, scopro che tutto é ancora lí. Quindi siamo di nuovo in pista: Bentornati a tutti 🙂

Se non fosse che il disastro sarebbe stato soltanto colpa mia, e che bruciando anche questo ponte con il passato praticamente mi sarebbe rimasto solo da andare a Lourdes, direi che l’esperienza é stata quasi divertente. Nelle cartelle e file recuperati ho ritrovato anche un po’ del mio ottimismo perduto.
In fondo la perdita di ottimismo é giustificata se la viviamo in modo realistico, e non ottuso. Ma una volta che il pessimismo ha preso il sopravvento, é anche giusto essere pronti a cogliere il momento per tornare ad essere ottimisti.

Ad esempio – tornando a leggere i giornali – l’ ottimismo é qualcosa di cui avrebbe bisogno il presidente Silvio Berlusconi, che da oggi alla lista dei suoi processi ne puó vantare anche uno per istigazione alla prostituzione minorile (secondo me quando sará indagato in tutti i processi del mondo urlerá: Bingo!).
Il Guardian comunque sostiene che Berlusconi non ha molto da temere perché (traduco) “Il sistema giudiziario italiano é vergognosamente lento e rinomato per la sua inefficienza; per chi ha denaro ed influenza politica ci sono infinite tattiche per raggiungere la prescrizione“. Grazie Guardian, é sempre bello sentirselo dire.

Giusto perché l’ottimismo a volte non basta, e bisogna essere sicuri di tenersi a distanza da questure e tribunali vari, Berlusconi ha giá in mente di candidarsi per le nuove elezioni (proprio come aveva detto nel famoso “contratto con gli italiani“: “Se non realizzeró almeno 4 dei 5 punti non mi ricandideró piú: ed infatti..) con un nuovo partito appropriatamente chiamato Italia, il cui slogan sará: “Se voti contro Italia, voti contro il tuo paese“. Casca a fagiolo: effettivamente era proprio quello che avevo intenzione di fare.
Come sempre, le promesse sono molto nazionalistiche: infatti per realizzarle dovrá coalizzarsi con il gruppo piú antinazionalista del paese, che fa di secessionismo e discriminazione i biscotti da mangiare a colazione: sono certo che nessuno ci fará caso.

Comunque Berlusconi é sempre un gran burlone: basti pensare al partito chiamato “Popolo della Libertá” dove anche lí infatti era tutto da interpretare: quello a cui si riferiva era la libertá di delinquere impunemente.

Uscendo dall’Italia, hanno bisogno di ottimismo anche politici e cittadini di Portogallo, Grecia ed Irlanda, che a differenza degli italiani non riescono a deviare le attenzioni dei giornali verso le proprie “puttanate” (inteso proprio in senso letterale) e sono quindi sotto il perenne fuoco incrociato di economisti ed europarlamenti per le proprie insolvenze monetarie. Il 12 Gennaio scorso il Portogallo é stato costretto a pagare il 6.7% per un prestito europeo di 10 anni, mentre per il momento Grecia ed Irlanda nascondono la testa sotto al tavolo.

Persino una come Angela Merkel, a capo di uno stato che é il primo della classe d’ Europa, ha bisogno di ottimismo; prima di tutto per le elezioni interne che la aspettano quest’anno, e poi per il suo amato Euro che, una volta fiore di pregio internazionale, le sta dando ora tanti grattacapi. Anzi, é quasi curioso notare come la Germania, che neanche 70 anni fa era tanto impegnata a spendere soldi per distruggere tutti quelli che le stavano attorno, oggi altrettanti ne spende per salvarli dal baratro. Paga, Angela, paga.

Infine, hanno bisogno di ottimismo i miei amici britannici. David Cameron, nella furia di tagliare qualsiasi cosa gli capiti a tiro, ha cominciato a mettere mano anche al sistema sanitario nazionale NHS, un sistema giudicato piú volte come il migliore al mondo ed al quale i britannici sono legati con le catene. Sinceramente non sono sicuro di capire il suo scopo finale. Forse la sua idea é quella di non far vedere ai britannici il tracollo del paese facendoli morire prima: potrebbe funzionare.
Sempre in Gran Bretagna, c’é Ed Miliband, il nuovo capo dell’opposizione, che invece va a caccia di favori pubblici urlando vendetta contro i bonus stratosferici elargiti ai manager delle banche, argomento toccato da tutti e sul quale concordano tutti, ma che alla prova dei fatti nessuno ha seriamente intrapreso, vuoi per incapacitá pratica, vuoi per paura di danneggiare il sistema che de facto fa andare avanti il Regno Unito, o vuoi per il terrore di ritorsioni da parte di chi minaccia di spostare le sedi generali fuori dal paese appena gli tocchi un centesimo nel portafogli. Forse anche lui vuole arrivare a 500 milioni di amici, come Mark Zuckerberg, peccato che nel suo caso i nemici arrivino praticamente in egual numero.

Abbiamo tutti bisogno di ottimismo: é l’unica cosa che ti garantisce di tornare in pista con la voglia di combattere quando le cose vanno male.
Per concludere come ho iniziato, anche io sto lasciandomi alle spalle tante cose e muovo le tessere per pavimentare il percorso che sto per intraprendere. Vi ringrazio di cuore per il supporto morale, i commenti al post precedente mi hanno scaldato il cuore, vi adoro tutti ad uno ad uno e se non ci fosse il monogamismo di mezzo vi sposerei tutti. La nazione dei disadattati esiste, é vicina, ne siamo la prova. Il 2011 sará un anno brillante.

Can you read my mind?

Sí, sono tornato. Eccomi qua.  …ma non sono molto in vena di scrivere sul blog, perché non ho voglia di lanciarmi in analisi su fatti di attualitá, né ho voglia di ridere delle ultime disavventure londinesi/italiote, né vorrei appestare il blog con un altro post deprimente.
Ma che ci posso fare, ho il morale a terra.

Credere che una data sul calendario possa terminare un periodaccio cosí, per magia, non é servito a molto: stavo passando un periodo di merda alla fine del 2010 e sto passando un periodo di merda all’inizio del 2011 (il bello é che io sono quello che si vanta di essere ottimista, quello che “dai che se ti impegni riesci lo stesso a tirarci fuori una risata”: sí, un paio di balle).
Dato che non sto subendo conseguenze dirette ad azioni che ho compiuto personalmente, credo il destino sia incazzato con me per qualcosa che ho fatto nella vita precedente; questo, oppure il karma esiste e ti morde le gambe proprio quando fai per sederti.

Ma parliamo di cose allegre: parliamo delle mie vacanze natalizie in Italia.

Le mia vacanze natalizie in Italia sono state tristi e deprimenti: ho bruciato mio malgrado tre ponti con il mio passato (uno era proprio un bel pontone, piú parte del paesaggio che un’infrastruttura) quindi adesso le mie motivazioni a rientrare in Italia – come le mie necessitá di tornarci per qualsivoglia faccenda – sono ulteriormente diminuite.
Ci sono cose che succedono e le puoi solo guardare accadere: cosí va, é una conseguenza del vivere all’estero per diversi anni, e lo accetto: dopo che ti sei trasferito, c’é una fase in cui la tua vita rimane in pausa, va in risparmio energetico, e questo succede che tu lo voglia o no (praticamente, anche se vivi all’estero, la gente é convinta che tua sia in vacanza); poi lentamente i primi cavi di supporto cominciano a saltare da soli, gli amici si fanno sentire meno spesso, non c’é piú bisogno di raccontarsi gli avvenimenti quotidiani ma soltanto quelli emotivamente piú importanti, non ti interessa piú se il cantante italiano di turno ha lanciato il nuovo album, o se il politico di turno  ha litigato con quell’altro (vabbé che i politici sono sempre quelli e litigano sempre tra loro); cominci a vedere il tuo conto in banca italiano come quello “ma forse dovrei portare qua i soldi”, il tuo comune come quello “ma forse mi dovrei iscrivere all’AIRE”, la tua auto come quella “ma forse la dovrei vendere invece di pagare il bollo ogni anno” e cosí via.
La vita tende a mettersi lentamente sulla strada piú utile a sé stessa, per te come per gli altri.

Sento di un sacco di italiani all’estero che rientrano nelle loro cittá di origine con cadenza trimestrale, bimestrale, mensile o addirittura settimanale. Io non tornavo da 12 mesi. Ma la frequenza del rientro é chiaramente legata al motivo per cui uno se ne va. Alcuni tipi di italiani ad esempio (altrimenti identificabili con il termine medi) si trasferiscono a Londra solamente per potersi divertire lontani dalle ombre di genitori particolarmente apprensivi, e Londra offre ogni genere di discoteche e droghe per questo ed altri scopi; altri vivono con il corpo a Londra e con la testa nelle loro cittá italiane perché hanno una dipendenza clinica dalle loro vite e mentalitá autoctone, oppure hanno una paura fottuta che le loro vite proseguano senza di loro, che al rientro qualcosa possa essere cambiato e non si possa riprendere da dove si era lasciato, che gli amici abbiano iniziato a cambiare “giro”, che la fidanzata possa essere inciampata nel letto di un caro amico (perché gli amici ci sono sempre nel momento del bisogno) e cosí via.

Ma io mi dico: Un conto é tornare perché vuoi rivedere in faccia le persone alle quali vuoi bene, ma un altro conto é ossessivamente aggrapparti ad una vita che non vuoi che cambi quando tu, per primo, cambi. Le persone cambiano giá in circostanze ordinarie, anche solo per via degli eventi che vivono, delle idee che maturano, delle persone che incontrano, figuriamoci uno che vive all’estero ed é giornalmente immerso in un’altra cultura. Soltanto uno stupido non cambia mai, e soltanto un grande stupido non cambierebbe a Londra. Quindi chi non ha avuto la possibilitá di vederti per un lungo periodo di tempo ti riscoprirá inevitabilmente diverso: mosso da diverse idee, diversi modi di ragionare, diversi interessi; alla stessa maniera gli amici che ti vedono piú spesso ti vedranno comunque cambiare, soltanto piú lentamente. Sará naturale e spontaneo, alcune persone faranno finta di non vederlo, mentre lentamente tu assumerai un diverso modo di parlare, di vestire, di sorridere a battute che prima ti facevano ridere, irrigidirti ad epiteti che prima ti facevano sorridere, e cosí via. E non c’é niente di cui vergognarsi e non c’é niente da rinfacciare poiché il cambiamento é bilaterale (anche se diverse persone cambiano a velocitá diverse), ed é la percezione, e la reazione a questa, che determina l’evolversi di una relazione di amicizia, non la frequenza con la quale la percezione stessa avviene. Quindi, se qualcuno mi dice che ha mantenuto le stesse amicizie per tutta la vita, secondo me o é uno stupido, o un santo.

Oppure molto, molto fortunato. Per quanto riguarda il sottoscritto, i pochi amici italiani che mi sono rimasti – e non dico dalla mia infanzia, ma quelli che non ho perso nel passaggio a Londra (e ne ho persi…) – credo ormai mi abbiano visto in salse e colori talmente diversi che probabilmente siano rassegnati ad essermi amici finché vivo: sono quelli che quando mi siedo ad un tavolo é come un fiume in piena al quale é appena stata aperta la diga, che ascoltano con impazienza le mie nuove avvenute ed i miei nuovi interessi e li ribattono con i loro, che incassano le mie lezioni di vita e mi ridanno indietro le loro, quelli che alla fine ti senti in dovere di scusarti per il fatto di non esserti fatto sentire piú spesso e loro con un sorriso ti rispondono (citando incidentalmente una canzone) “I don’t mind if you don’t mind, cause I don’t shine if you don’t shine“: ossia “non mi importa se non ti importa, sono felice se sei felice”.
Comunque il concetto di “amicizia” é un termine troppo personale per essere identificato alla stessa maniera da tutti: io valuto importante un amico dal quale mi sento capito, ma altri possono dare importanza agli amici che si ricordano le date dei compleanni, che si fanno sentire spesso, che escono la sera, e cosí via. Essendo io uno smemorato sociopatico disadattato é chiaro che ho metri di giudizio piú simili a me: ad esempio ci sono persone che conosco da anni, e ritengo sicuramente amici e voglio loro bene, ma non riesco a sentirmi a mio agio al punto da buttare loro addosso i miei problemi: primo perché preferisco, magari erroneamente, condividere con loro momenti di spensieratezza piuttosto che di riflessione, e secondo perché credo siano loro malgrado incapaci di fornirmi consigli che prenderei in considerazione (leggi anche: Io vivo in Italia e sto bene in Italia, quindi: “Sai che sto passando dei problemi a Londra?” -> “Ah sí? E perché non rientri in Italia??”. (Grazie, i tuoi consigli sono apprezzabili come la diarrea al mare ¬_¬ ).

Poi, a volte, ci sono persone che neanche ti conoscono, che non ti hanno mai visto in vita loro – magari, giusto per riportare il mio esempio personale, attraverso stralci di caratteri elettronici di un blog alla deriva dell’universo di internet – ed in due parole ti dicono cosa pensano del mondo e ti presentano uno spaccato tridimensionale della tua testa con tanto di musicassetta e tour guidato; ti leggono nel pensiero; gli dici metá di quello che pensi e l’altra metá la finiscono loro, hanno interessi e sogni diversi dai tuoi ma ideali e speranze uguali ai tuoi, lo vedi in un’email, in quattro righe di commento ad un post, in un messaggio su Twitter, in una chiacchierata al pub, é come vedere te ma nato in un’altra cittá, con altri amici, con altre esperienze, con un’altra vita. E tu cosa puoi fare? Ti apri naturalmente a loro: li vedi una volta e ti sembra di conoscerli da una vita.

Conoscere una persona da una vita certo aiuta a capirla, ma capirla perché ne si condivide il modo di vedere il mondo – no, quella é una cosa naturalmente diversa: ne nasce un tipo di relazione diversa, piú spontanea, piú empatica, piú telepatica.

Non so se quel che ho scritto fino a questo punto ha senso: empatia e relazioni sociali sono argomenti personali, interpretabili e contestabili e, certamente, se il mondo fosse soltanto quello che si vede sotto il sole non ci sarebbe molta vita da vivere; ma forse qualcuno da queste parti sa di cosa sto parlando, e magari concorda anche con quello che penso. Ecco, se sei quel qualcuno, e stai leggendo questo post: Beh, grazie per il supporto: é bello sentirsi capiti in momenti bui.

Another Year Goes

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