Can you read my mind?

Sí, sono tornato. Eccomi qua.  …ma non sono molto in vena di scrivere sul blog, perché non ho voglia di lanciarmi in analisi su fatti di attualitá, né ho voglia di ridere delle ultime disavventure londinesi/italiote, né vorrei appestare il blog con un altro post deprimente.
Ma che ci posso fare, ho il morale a terra.

Credere che una data sul calendario possa terminare un periodaccio cosí, per magia, non é servito a molto: stavo passando un periodo di merda alla fine del 2010 e sto passando un periodo di merda all’inizio del 2011 (il bello é che io sono quello che si vanta di essere ottimista, quello che “dai che se ti impegni riesci lo stesso a tirarci fuori una risata”: sí, un paio di balle).
Dato che non sto subendo conseguenze dirette ad azioni che ho compiuto personalmente, credo il destino sia incazzato con me per qualcosa che ho fatto nella vita precedente; questo, oppure il karma esiste e ti morde le gambe proprio quando fai per sederti.

Ma parliamo di cose allegre: parliamo delle mie vacanze natalizie in Italia.

Le mia vacanze natalizie in Italia sono state tristi e deprimenti: ho bruciato mio malgrado tre ponti con il mio passato (uno era proprio un bel pontone, piú parte del paesaggio che un’infrastruttura) quindi adesso le mie motivazioni a rientrare in Italia – come le mie necessitá di tornarci per qualsivoglia faccenda – sono ulteriormente diminuite.
Ci sono cose che succedono e le puoi solo guardare accadere: cosí va, é una conseguenza del vivere all’estero per diversi anni, e lo accetto: dopo che ti sei trasferito, c’é una fase in cui la tua vita rimane in pausa, va in risparmio energetico, e questo succede che tu lo voglia o no (praticamente, anche se vivi all’estero, la gente é convinta che tua sia in vacanza); poi lentamente i primi cavi di supporto cominciano a saltare da soli, gli amici si fanno sentire meno spesso, non c’é piú bisogno di raccontarsi gli avvenimenti quotidiani ma soltanto quelli emotivamente piú importanti, non ti interessa piú se il cantante italiano di turno ha lanciato il nuovo album, o se il politico di turno  ha litigato con quell’altro (vabbé che i politici sono sempre quelli e litigano sempre tra loro); cominci a vedere il tuo conto in banca italiano come quello “ma forse dovrei portare qua i soldi”, il tuo comune come quello “ma forse mi dovrei iscrivere all’AIRE”, la tua auto come quella “ma forse la dovrei vendere invece di pagare il bollo ogni anno” e cosí via.
La vita tende a mettersi lentamente sulla strada piú utile a sé stessa, per te come per gli altri.

Sento di un sacco di italiani all’estero che rientrano nelle loro cittá di origine con cadenza trimestrale, bimestrale, mensile o addirittura settimanale. Io non tornavo da 12 mesi. Ma la frequenza del rientro é chiaramente legata al motivo per cui uno se ne va. Alcuni tipi di italiani ad esempio (altrimenti identificabili con il termine medi) si trasferiscono a Londra solamente per potersi divertire lontani dalle ombre di genitori particolarmente apprensivi, e Londra offre ogni genere di discoteche e droghe per questo ed altri scopi; altri vivono con il corpo a Londra e con la testa nelle loro cittá italiane perché hanno una dipendenza clinica dalle loro vite e mentalitá autoctone, oppure hanno una paura fottuta che le loro vite proseguano senza di loro, che al rientro qualcosa possa essere cambiato e non si possa riprendere da dove si era lasciato, che gli amici abbiano iniziato a cambiare “giro”, che la fidanzata possa essere inciampata nel letto di un caro amico (perché gli amici ci sono sempre nel momento del bisogno) e cosí via.

Ma io mi dico: Un conto é tornare perché vuoi rivedere in faccia le persone alle quali vuoi bene, ma un altro conto é ossessivamente aggrapparti ad una vita che non vuoi che cambi quando tu, per primo, cambi. Le persone cambiano giá in circostanze ordinarie, anche solo per via degli eventi che vivono, delle idee che maturano, delle persone che incontrano, figuriamoci uno che vive all’estero ed é giornalmente immerso in un’altra cultura. Soltanto uno stupido non cambia mai, e soltanto un grande stupido non cambierebbe a Londra. Quindi chi non ha avuto la possibilitá di vederti per un lungo periodo di tempo ti riscoprirá inevitabilmente diverso: mosso da diverse idee, diversi modi di ragionare, diversi interessi; alla stessa maniera gli amici che ti vedono piú spesso ti vedranno comunque cambiare, soltanto piú lentamente. Sará naturale e spontaneo, alcune persone faranno finta di non vederlo, mentre lentamente tu assumerai un diverso modo di parlare, di vestire, di sorridere a battute che prima ti facevano ridere, irrigidirti ad epiteti che prima ti facevano sorridere, e cosí via. E non c’é niente di cui vergognarsi e non c’é niente da rinfacciare poiché il cambiamento é bilaterale (anche se diverse persone cambiano a velocitá diverse), ed é la percezione, e la reazione a questa, che determina l’evolversi di una relazione di amicizia, non la frequenza con la quale la percezione stessa avviene. Quindi, se qualcuno mi dice che ha mantenuto le stesse amicizie per tutta la vita, secondo me o é uno stupido, o un santo.

Oppure molto, molto fortunato. Per quanto riguarda il sottoscritto, i pochi amici italiani che mi sono rimasti – e non dico dalla mia infanzia, ma quelli che non ho perso nel passaggio a Londra (e ne ho persi…) – credo ormai mi abbiano visto in salse e colori talmente diversi che probabilmente siano rassegnati ad essermi amici finché vivo: sono quelli che quando mi siedo ad un tavolo é come un fiume in piena al quale é appena stata aperta la diga, che ascoltano con impazienza le mie nuove avvenute ed i miei nuovi interessi e li ribattono con i loro, che incassano le mie lezioni di vita e mi ridanno indietro le loro, quelli che alla fine ti senti in dovere di scusarti per il fatto di non esserti fatto sentire piú spesso e loro con un sorriso ti rispondono (citando incidentalmente una canzone) “I don’t mind if you don’t mind, cause I don’t shine if you don’t shine“: ossia “non mi importa se non ti importa, sono felice se sei felice”.
Comunque il concetto di “amicizia” é un termine troppo personale per essere identificato alla stessa maniera da tutti: io valuto importante un amico dal quale mi sento capito, ma altri possono dare importanza agli amici che si ricordano le date dei compleanni, che si fanno sentire spesso, che escono la sera, e cosí via. Essendo io uno smemorato sociopatico disadattato é chiaro che ho metri di giudizio piú simili a me: ad esempio ci sono persone che conosco da anni, e ritengo sicuramente amici e voglio loro bene, ma non riesco a sentirmi a mio agio al punto da buttare loro addosso i miei problemi: primo perché preferisco, magari erroneamente, condividere con loro momenti di spensieratezza piuttosto che di riflessione, e secondo perché credo siano loro malgrado incapaci di fornirmi consigli che prenderei in considerazione (leggi anche: Io vivo in Italia e sto bene in Italia, quindi: “Sai che sto passando dei problemi a Londra?” -> “Ah sí? E perché non rientri in Italia??”. (Grazie, i tuoi consigli sono apprezzabili come la diarrea al mare ¬_¬ ).

Poi, a volte, ci sono persone che neanche ti conoscono, che non ti hanno mai visto in vita loro – magari, giusto per riportare il mio esempio personale, attraverso stralci di caratteri elettronici di un blog alla deriva dell’universo di internet – ed in due parole ti dicono cosa pensano del mondo e ti presentano uno spaccato tridimensionale della tua testa con tanto di musicassetta e tour guidato; ti leggono nel pensiero; gli dici metá di quello che pensi e l’altra metá la finiscono loro, hanno interessi e sogni diversi dai tuoi ma ideali e speranze uguali ai tuoi, lo vedi in un’email, in quattro righe di commento ad un post, in un messaggio su Twitter, in una chiacchierata al pub, é come vedere te ma nato in un’altra cittá, con altri amici, con altre esperienze, con un’altra vita. E tu cosa puoi fare? Ti apri naturalmente a loro: li vedi una volta e ti sembra di conoscerli da una vita.

Conoscere una persona da una vita certo aiuta a capirla, ma capirla perché ne si condivide il modo di vedere il mondo – no, quella é una cosa naturalmente diversa: ne nasce un tipo di relazione diversa, piú spontanea, piú empatica, piú telepatica.

Non so se quel che ho scritto fino a questo punto ha senso: empatia e relazioni sociali sono argomenti personali, interpretabili e contestabili e, certamente, se il mondo fosse soltanto quello che si vede sotto il sole non ci sarebbe molta vita da vivere; ma forse qualcuno da queste parti sa di cosa sto parlando, e magari concorda anche con quello che penso. Ecco, se sei quel qualcuno, e stai leggendo questo post: Beh, grazie per il supporto: é bello sentirsi capiti in momenti bui.

58 comments to Can you read my mind?

  • tytania

    è tornato!!!!
    il blog è tornato 🙂
    siamo salvi!!!

  • Sergio

    Ho letto questo post qualche giorno fa, ma non ho risposto subito, il motivo principale è che mi sento comunque un po’ “fuori” dai vostri discorsi, perché io vivo in Italia, nonostante abbia fatto un’esperienza di lavoro a Londra per un breve periodo, sono tra coloro che hanno deciso di tornare a casa, nella città dove sono nati, vicini alla propria famiglia e agli amici. Proprio qualche giorno fa, per una strana coincidenza, ho incontrato per puro caso un collega di Londra e questo ha portato a galla una serie di pensieri che credevo di aver ormai sepolto da tempo. Ho dovuto di nuovo affrontare i pensieri che allora mi hanno spinto a scegliere di tornare a casa, per stare con quelle persone che consideravo allora indispensabili per la mia vita, tanto da fare marcia indietro… Di solito infatti dico che il lavoro che avevo a Londra non faceva per me, ma in realtà il motivo per cui sono tornato in Italia era proprio perché non volevo perdere le amicizie ed i legami che avevo. Restando a Londra mi vedevo proiettato in un futuro lontano dagli amici che riempivano le mie giornate in Italia e dalla mia dolce metà di allora. La cosa buffa è che praticamente tutte le persone per cui sono tornato in Italia sono comunque scomparse dalla mia vita e ora ho un giro di amici completamente differente e un nuovo amore. Quindi forse tornare per gli altri è un motivo sbagliato, perché gli altri comunque prendono le loro strade e le persone, compresi noi, cambiano e si allontanano indipendentemente dalla vicinanza geografica.
    Questi momenti di riflessione sono però per me un’occasione importante per capirmi meglio e per capire meglio chi mi sta attorno.
    Come ho già scritto in passato, Oby, hai tutta la mia stima per le idee che esprimi, per la tua coerenza e sai che un amico a Verona ce l’hai, per quanto ci si conosca poco e si viva così distanti!
    Sergio

  • Daniele

    Oh grande e munifico Obi(wankennobi)[dopo le volte che ti ho rotto le ba…importunato un pò di lecchinaggio ti fa bene visto che mi hai risposto ;)] se mi cadi in depressione tu che sei stato uno dei motivi della mia fuga dall’Italia non mi resta che la regina e i beatles
    (ed essendo i beatles morti e la regina bella vecchia son messo proprio male)
    Capisco che bruciare tre ponti possa essere pesante, ma continua ad andare avanti
    la vita è un continuo evolversi trovi nuove persone che piano piano diventano buoni amici e sostituiscono i vecchi amici che perdi
    ergo continua a scrivere e dare consigli a chi intraprende la via da misfit
    PS
    Se continui a sentirti giù inizia a scrivere roba strana, chissà che fondando una chiesa sui tuoi scritti non diventiamo ricchi come scientology 😀

  • Blossom

    come mi ha toccato questo post…dai 19 anni in poi, sono passata per le varie fasi dell’emigrante…all’inizio mille lettere e email con le persone a casa, il terrore di perderle, di perderci…poi la realizzazione che non era la distanza il fattore che ci faceva perdere, ma il crescere con esperienze totalmente diverse: insomma, puoi lottare quanto vuoi per mantenere le amicizie “d’infanzia”, ma inevitabilmente la maggior parte le perderai, se inizi a crescere fuori dallo stampino.
    Però come dici tu, ne arrivano di nuove, persone incredibili di cui non immaginavi l’esistenza, persone che in pochi minuti o con poche parole sono DENTRO DI te (e non in senso letterario…almeno, non sempre :P) e ti lasciano tanto, e ti fanno crescere, e ti ispirano…persone che puoi non sentire per due anni e quando le risenti si ricrea la stessa connessione…
    Io quando ero a Londra rientravo ogni 2-3 mesi: perchè amo la mia famiglia, perchè amo la mia terra (il friuli),perchè rivedere le amicizie di un tempo anche solo per un caffe mi riportano il calore di un tempo andato, bellissimo, ma appunto ormai solo un ricordo, e lo dico senza amarezza. Amavo rientrare e allo stesso tempo amavo vivere a Londra. Ho imparato a lasciare andare ciò che deve andare, a trasformare i rapporti secondo le situazioni, i tempi, le nuove dinamiche di vita di ciascuno, e ad abbracciare i nuovi rapporti.

    Se un’amicizia si trasforma in un bel ricordo, non è stato tempo perso. Ti ha dato quel che ti doveva dare al tempo, ed è un bel pensiero. Se oggi non c’azzecca piu niente con te, pazienza, la ruota continua a girare in cerca di nuovi bei ricordi. Me però non mi far diventare un ricordo, mai…ti prego! 🙂

    Tu sei la persona più aperta che io conosca (again, non in senso letterale…almeno, non solo hahaha), tu scegli quotidianamente di aprirti alla vita, senza pregiudizi, con la curiosità e l’entusiasmo di un bambino: ed è per quello che so che non ti perderai mai uno solo dei fantastici attimi per cui siamo su questa terra, e che la rendono così worth it.
    Il resto…in pvt 😉

    • Alex in the Sky

      “Tu sei la persona più aperta che io conosca (again, non in senso letterale…almeno, non solo hahaha)”

      Ma che significa?

    • Oby

      Blossom: Io e te abbiamo proprio lo stesso DNA, siamo sincronizzati al secondo, come la metró alla mattina alle sette e quello che puntualmente si butta sotto, come il pesce da Waitrose che sta scadendo e quello che passa per sbaglio in tempo per comprarlo in saldo, come l’urlatore per strada che ti rifila l’evening standard salvandoti dalla pioggia del venerdí sera. Eh beh, lo so che sono romantico 😀
      OK ci sentiamo in pvt 😉 😀

      PS: Non dettagliare la tua frase ad Alex, é una trappola 😀

      • Alex in the Sky

        Ah vabe..resterò con l’immagine di Blossom che ti penetra con uno strap-on. Tipo Fight Club.

        • Sergio

          Ho visto Fight CLub tempo fa, ma non ricordo la scena dello strap-on, devo essermela persa… conviene che lo riveda…

          • Alex in the Sky

            Narr..Fight Club non era relativo alla scena in se, ma al modo in cui l’immagine si è proiettata nella mente; ovvero nello stesso modo in cui nel film il protagonista inserisce dei frame nelle pellicole dei film che proietta. Era mera retorica, giusto perchè volevo citare Fight Club.

            PS: leggiti anche il libro.

        • Oby

          Alex, la tua idea di ‘apertura mentale’ mi lusinga e terrorizza al tempo stesso…

  • ella

    bè,non so se ti ricordi di me,ad ogni modo mi sembrava importante,data l’ultima parte del post,risponderti che non sei il solo a passare certi momenti…e a quanto pare non sei nemmeno solo,ma cosa fondamentale non fare l’errore di considerare questo momento come negativo,è solo un altro passaggio,importantissimo,della tua vita.sai dico na cazzata ma certi momenti sono come l’onda sul quale devi saper surfare…non ti resta che vedere dove ti porterà la corrente!

    • Oby

      Questo secondo me é l’essenza dell’OTTIMISMO, riuscire a vedere le cose brutte come un trampolino di lancio per cose migliori. Lo so che momenti belli arriveranno, ne sono certo. Grazie 😀

  • Come al solito quello che scrivi mi tocca fortemente Oby… spero soltanto di rientrare nella parte “buona” dei tuoi contatti londinesi 🙂

  • PFP

    “Ma la frequenza del rientro é chiaramente legata al motivo per cui uno se ne va”

    Che intendevi dire esattamente con questo?

    take care

    p

    • Oby

      “Ma la frequenza del rientro é chiaramente legata al motivo per cui uno se ne va”: cioé se te ne vai perché ti vuoi lasciare qualcosa alle spalle probabilmente non vorrai tornare tanto presto nel tuo luogo di origine; mentre se te ne vai perché ami la tua cittá natale ma la tua ditta ti ha trasferito nella sede estera cercherai di tornare a casa nonappena ti sará possibile..

  • eleonora

    Mi dispiace molto per quello che stai passando, ma, se ti può consolare, è successo anche a me..credo sia uno degli svantaggi di vivere all’estero e prima o poi bisogna farci i conti…
    Io prima di partire per Londra avevo un bel gruppetto di amici, con cui uscivo e mi divertivo e mi confidavo. Poi sono partita, sono stata via due anni, e al mio ritorno, era cambiato tutto. Un po’ era che anche per loro la vita era andata avanti, avevano imparato a stare senza di me e non mi prendevano più in considerazione come prima, un po’ (anzi, soprattutto) ero io che non ero più la stessa, avevo cambiato il mio modo di vedere le cose e di pensare, non consideravo più la mia città di provincia come il “centro del mondo”, come facevano loro, ma solo come un posto schifido in cui la gente sembra non sospettare nemmeno che c’è DELL’ALTRO, e che è molto MEGLIO di quello che hanno…non riuscivo più a parlare con loro, non mi sentivo capita…cosi i rapporti si sono raffreddati…fino a perdersi.
    Fatti forza Obi! Supererai anche questa. Hai anche la fortuna di abitare a Londra, dove di certo le opportunità di conoscere gente e allacciare legami non mancano, tirati su e sii forte! xx

  • Naza

    You are literally reading my mind.
    Per quanto possa contare ti mando un abbraccio sincero, mi ritrovo al cento per cento in ogni singola cosa che dici.

    • Oby

      Grazie Naza, non credevo concordassimo tanto, dobbiamo decisamente vederci piú spesso dato che almeno tu, se non sbaglio, vivi a Londra.

  • tytania

    “Sai che sto passando dei problemi a Londra?” -> “Ah sí? E perché non rientri in Italia??”

    😀
    questa è da oscar!

  • laura

    Ciao, Misfit!
    Mi dispiace che stai passando un momentaccio, adoro la tua ironia e vederla appannata è un peccato, ma fai bene, se uno sta giù sta giù, cavoli, e non bisogna mai giustificare i propri stati d’animo. Mi chiedevo: ma perchè non scrivi un bel libro sulla tua esperienza di emigrante italiano, magari sfruttando i tanti bellissimi brani già scritti per il blog? Sono una psicoterapeuta, e ho come paziente, da due anni, una ragazza emigrata in Canada per amore, che vedo nel mio studio quando torna qui, una volta l’anno per un paio di mesi circa, e poi seguo via internet e telefono. Proprio cercando libri che potessero aiutarla (caso notevole di disadattamento all’estero e nostalgia allucinante di questa schifezza di Paese in cui tocca vivere a me…) mi sono accorta che libri del genere, in italiano, ce n’è solo uno, e sono certa che invece molti lo leggerebbero volentieri, specie considerando che l’emigrazione giovanile all’estero qui da noi sta diventando massiccia (già mi sto preparando alla partenza di mio figlio, e ha solo 11 anni…). Vabbè, magari è un’idea che ti apparirà ridicola o sciocca, io intanto te la butto lì, come si dice. Carissimi saluti, e sforzati di fare un solo sorriso, da dedicare a me, magari, un’amica invisibile che ti è affezionata e che ammira molto il tuo coraggio e la tua perseveranza. Ciao!

    • Oby

      Ciao Laura, grazie mille, la tua idea certamente mi onora, non so se sarei all’altezza, né se troverei nessuno tanto coraggioso e sconsiderato da pubblicare una raccolta di brani del mio blog.. i disadattati sono una razza piccola e poco diffusa, e credo quindi con poco mercato, siamo come gli scoiattoli rossi nel Regno Unito 🙂 Ma prometto che un giorno non lontano ci proveró, grazie per la fiducia 🙂