L'Ospite Indesiderato, Parte 3 - La Biondona Procace

Perché? Qualcuno mi risponda: perché? Ma che cosa ho fatto di male io per meritarmi tutto questo? C’é qualche delitto imperdonabile che ho commesso in qualche vita precedente? Sono vittima di una sgradevole candid camera? Oppure sono io che tra i miei indistinti tratti caratteriali ho questa invidiabilissima capacitá di far finire in casa mia tutte quelle indesiderabili parti della societá umana che anche Gesú Cristo ti direbbe ‘hai fatto bene‘ a mandarle a fanculo? Poi sento di gente che si lamenta perché nella propria vita a volte fa la conoscenza di gente con problemi mentali: e io allora che ci finisco col viverci?

Ma cominciamo dall’inizio.
E’ un giorno di inizio Agosto quando il mio flatmate mi si avvicina con lo sguardo del cucciolo bastonato per chiedermi: ‘Ti fa niente se resta a dormire da noi una mia amica sabato sera? Ha un colloquio nel pomeriggio e le viene troppo lungo tornare a casa a Colchester’ (e io giá mi dico: Ok, Colchester non é che sia nella legione straniera, ma va beh pazienza vieni pure te che tanto casa nostra ormai é anche sulla Lonely Planet).

‘Va bene ma di chi si tratta di preciso?’ domando.
‘E’ una ragazza della Repubblica Ceca che ha studiato inglese con me a Colchester nel 2002 per una settimana, e che non ho piú sentito da allora, ma che mi scritto oggi dicendo che sta venendo a Londra a cercare lavoro e se puó dormire da noi” (mmm, che bella premessa, deve essere proprio un’amica del cuore!).

Sabato pomeriggio suona il campanello: sto facendo le pulizie quindi apro la porta indossando gli indumenti della casalinga di Voghera. Mi trovo davanti una bionda alta un metro e ottanta con indosso stivaletti in plastica lucida nera su tacco a spillo, calze a rete bianche a maglia larga due centimetri, occhiali da sole Chanel veri come una banconota da tre euro, guanto in pelle borchiato tipo Samantha Fox d’annata, un top lavato con la centrifuga sbagliata che contiene qualcosa che devono essere sicuramente due noci di cocco, che mi guarda e mi dice “Buongiorno” con la voce di Amanda Lear dopo una tracheite cronica ostruttiva.
‘Mi scusi signorina: guardi che questa é una casa rispettabile’ rantolo brandendo un mocho Vileda.
‘Buongiorno, sei Oby? Sono l’amica del tuo coinquilino. Sono ospite da voi stasera’
Ohibó — mi domando — ma é questa l’amica? Ma non é che ‘amica’ fa di cognome, e poi di nome fa ‘mano’?
Comunque la faccio entrare e cerco di farla sentire a casa propria (ad esempio tolgo dai dintorni oggetti appuntiti per evitare che possa forare) e la faccio accomodare nella stanza degli ospiti dove passa la notte russando come un rinoceronte morente con la pneumonia. La mattina dopo come da accordi sparisce (e voi direte ‘Embé Oby dov’é la disavventura?‘. Aspettate…).
Un paio di settimane dopo il mio flatmate torna con il solito sguardo e mi dice: ‘Lo sai, la mia amica ha trovato lavoro! L’hanno assunta! Oléé!’.
Scaccio dai pensieri immagini varie su quale meraviglioso lavoro questa personcina possa fare, e scaccio anche quelli sul colloquio sostenuto per farsi assumere, quindi rispondo ‘Bene, sono contento per lei, grazie e arrivederci..’.
‘Eh beh peró c’é un problema’ (e te pareva), ‘comincia a lavorare lunedí ed oggi é venerdi e non ha un posto dove stare!’
‘NON puó rimanere da noi’
‘Ma dai, che senza cuore che sei, poverina, non vorrai lasciarla cosí in mezzo a una strada’ (veramente credo che si troverebbe perfettamente a suo agio…)
‘Guarda, non ho voglia di discutere, abbiamo una stanza vuota e ok, puó stare, ma entro un mese deve andarsene. Oggi é il primo Settembre, quindi il primo Ottobre é la data oltre la quale deve avere liberato la stanza’
“Ok!! Va benissimo!!!  Il primo Ottobre é perfetto!!!! Va bene grazie!!!1!1!+1!!”.
Nelle settimane seguenti la bionda felina si radica nella stanza degli ospiti come un immigrato clandestino al centro accoglienza: la sento di giorno parlare al telefono in continuazione con mezzo mondo di ogni argomento possibile ed immaginabile — veramente, qualsiasi cosa: dal suo amore per i tacchi a spillo al suo terrore per i topi in metro — mentre di sera é mezzo mondo che sente lei russare come una camionista ubriaca dopo la festa della birra (e la stanza degli ospiti é pure accanto alla mia quindi immaginatevi la gioia). La casa é avvolta da una perenne nebbia generata dai sui profumi irrespirabili e per un attimo credo di essere tornato a Nuova Delhi. Reggiseni e mutande hanno sostituito lucernari e plafoniere e addobbano il calorifero tipo albero di Natale alla fiera del sesso di Amsterdam. Il bagno é diventato una laguna paradisiaca ove rane e raganelle crescono felici e in salute, dove per entrare devi mandare una richiesta di appuntamento una settimana prima e non é detto che venga accolta.
Sono settimane di tensione: io prego che l’indesiderata bambola gonfiabile mantenga l’impegno levandosi dalle scatole come promesso; il mio coinquilino — che é un porco maniaco sessuale che fa lo sguardo languido anche all’aspirapolvere in giorni di inutilizzo — ci prova spudoratamente utilizzando tattiche diverse e disparate dal “Oh ma che sbadato che sono mi sono versato il caffé sulla camicia” al “Stasera ho per sbaglio cucinato troppo caviale e ostriche ti va di cenare con me?” al punto che comincio a temere da un giorno all’altro possa assalirle direttamente la gamba come un chihuahua in preda ai calori estivi.

Il primo di Ottobre rientro a casa con le mani giunte tipo suora del Medjugorje e subito guardo nella stanza degli ospiti con lo sguardo di speranza tipo sacro sepolcro. La stanza é vuota e la sua roba sparita. Preso dalla situazione urlo “Miracolo!“, “Hallelujah!, Osanna!“. Sono talmente felice che prenoto un viaggio low-cost e vado in Spagna a festeggiare. Al mio ritorno scopro che il mio viaggo era inutile perché tanto lei non se ne era mica andata: No no, si é semplicemente trasferita nella camera del mio flatmate e dal primo Ottobre per magia sono diventati una coppia. Caspita, e pensare che fino al 31 Settembre ha dormito nella stanza degli ospiti, deve essere stato proprio un bel colpo di fulmine! penso tra mé e mé. Infatti sono talmente innamorati che lei passa le giornate in camera di lui al telefono, mentre lui cucina, lava i piatti, le prende i biglietti per il teatro, le organizza la cena fuori nel weekend, le fa le lavatrici e pulisce la stanza quando lei é fuori con le amiche. Parliamo di vero e proprio amore romantico, roba che neanche Dante con Beatrice.
Ad ogni modo dato che il contratto dice che la stanza é ad occupazione singola, ed io comunque sono un rovina-coppie, vado a chiedere al mio flatmate di rispettare i patti, e via le sviolinate: ‘Ma no, ma dai, ma poverina, ha appena iniziato a lavorare, non puoi pretendere che trovi casa subito, é molto impegnata’ (giá, sopratuttto con due lavori).
Il flatmate — che, diciamo con toni di rispetto, non assomiglia particolarmente né a Chris Hemsworth, né a Ryan Reynolds, né a Jake Gyllenhall — non vuole ovviamente perdere questa “fidanzata”, e cosí le propone romanticamente di trovare un appartamento insieme da qualche parte dove vivere per sempre felici e contenti. Purtroppo lei rifiuta, per un motivo non pervenuto che non é assolutamente relazionato al fatto che nella situazione attuale lei non paga né affitto, né bollette, né spese, ne cibo, ne travelcard, e che se dovessero andare a vivere insieme il mio flatmate non riuscirebbe a pagare tutto di tasca sua per entrambi — devo essere proprio io che sono malizioso e non riesco a vedere l’amore, non riesco a vedere il romanticismo, e invece vedo solo una z……).
Ovviamente la landlady si interessa alla faccenda come una mucca al pascolo col treno di passaggio sul ponte vicino, quindi finiamo in una situazione di stallo e continuiamo su questa linea, e un mese diventa due, e due mesi diventano tre. Diventa una gara di resistenza.
Un giorno, tra le solite conversazioni telefoniche, sento la bionda abusivista fare accenno al fatto che é in arrivo la sua famiglia dalla Repubblica Ceca (!) che si fermerá da noi (!!) per un tempo “da definirsi” (!!!). Decido che é il momento di fare qualcosa seriamente.
Cosí, nel fiore della disperazione, non mi resta che chiedere aiuto ad un amico. Il mio amico si chiama Gerardo.
Gerardo all’inizio non voleva aiutarmi, un po’ perché é timido, un po’ perché ha famiglia — sai, insomma, la vita di famiglia impegna — e un po’ perché, poverino, magari non aveva neanche tanta voglia di aiutarmi. Ma io l’ho convinto con tante belle parole, e gli ho promesso tanti bei regali, perché io lo so a lui cosa piace. Gli ho fatto anche un bel risk assessment, cosí si é tranquillizzato un po’, e ho fatto di tutto per metterlo a suo agio, minimizzando i rischi per la sua salute. Gli ho detto: Gerardo, devi proprio conoscere questa fantastica coinquilina con la quale vivo, é ultra-simpaticissima. Sono sicuro che anche lei ti adorerá dal primo istante’. Poi ho anche pensato: forse dovrei farle conoscere Gerardo in soggiorno, o in cucina, o in bagno. Sarebbe piú informale e le amicizie si sviluppano meglio. Ma poi mi sono detto: ma perché torglierci il piacere? la camera da letto é un posto cosí confortevole e rilassante, una persona la conosci bene nell’intimitá della camera da letto, é dove si fanno i discorsi piú intensi e personali. L’armadio poi é l’angolo piú bello; con tutte quelle belle scarpe…
Invece la mia coinquilina e Gerardo non sono andati molto d’accordo. Peccato. Chi se lo sarebbe aspettato. Hanno litigato subito. L’ho sentita esprimere il suo disappunto fin dal piano di sotto. Anzi oserei dire che quando ha visto Gerardo ha deciso di colpo che la casa non le piaceva piú. Dopo quattro giorni se ne é andata. Dopo due settimane il flatmate l’ha seguita a ruota. La forza dell’amore.

EDIT: Siccome a seguito del post ho ricevuto molte richieste di aggiornamento sulla salute di Gerardo, confermo che sta benissimo. Anzi dopo l’evento é andato a farsi una vacanza al mare con la moglie. Mi ha anche mandato una romantica cartolina. Loro sí che sono una coppia felice.

Perché? Qualcuno mi risponda: perché? Ma che cosa ho fatto io per meritarmi tutto questo? C’é qualche delitto imperdonabile che ho commesso in qualche vita precedente? Sono vittima di una candid camera? Oppure sono io che tra i miei indistinti tratti caratteriali ho questa invidiabilissima capacitá di far finire in casa mia tutte quelle indesiderabili parti della societá umana che anche Gesú Cristo ti direbbe ‘hai fatto bene‘ a mandarli a fanculo. Poi c’é gente che si lamenta perché nella propria vita conosce gente con problemi mentali: e io allora che ci finisco per vivere?

E’ un giorno di fine Agosto quando il mio flatmate mi dice: “Ti fa niente se resta a dormire qua da noi una mia amica ceca sabato sera? Ha un colloquio nel pomeriggio e le viene troppo lungo tornare a casa a Colchester” (e io giá mi dico: ok, Colchester non é che sia nella legione straniera, ma va beh pazienza vieni pure te che tanto casa nostra ormai é anche sulla Lonely Planet).
Mi dici chi é di preciso?” domando
E’ una ragazza che ha studiato inglese con me a Colchester nel 2002 per una settimana e che non ho piú sentito da allora ma che ora mi scritto dicendo che sta venendo a Londra a cercare lavoro” (mmm, quale fantastica premessa! Deve essere proprio un’amica del cuore).
Sabato pomeriggio suona il campanello: apro la porta e mi trovo davanti una bionda alta un metro e ottanta, con i tacchi a spillo, le calze a rete, gli occhiali da sole, un vestito attillato che contiene qualcosa che mi convinco essere due noci di cocco, che mi dice “Buongiorno” con la voce di Amanda Lear dopo una tracheite cronica ostruttiva.
Mi scusi signorina” le dico, “guardi che questa é una casa rispettabile
No no, sono l’amica del tuo coinquilino. Sono ospite da voi stasera
Ohibó — mi domando — ma é questa l’amica? Ma non é che mi ha detto il cognome, e poi di nome fa ‘mano’?
Comunque la faccio entrare e cerco di farla sentire a casa propria (ad esempio tolgo dai dintorni oggetti appuntiti per evitare che possa forare) e la faccio accomodare nella stanza degli ospiti dove passa una notte russando come un rinoceronte morente con la pneumonia. La mattina dopo come da accordi sparisce (incredibile, eh! Aspettate…).
Un paio di settimane dopo il mio flatmate torna e mi dice: “Lo sai, la mia amica ha trovato lavoro! L’hanno assunta!“.
Scaccio dai pensieri immagini varie su quale meraviglioso lavoro questa personcina possa fare, e scaccio anche quelli sul colloquio sostenuto per farsi assumere, infine rispondo “bene, sono contento per lei”.
“Eh beh peró c’é un problema” (e te pareva), “comincia a lavorare lunedí ed oggi é venerdi e non ha un posto dove stare!”
“NON puó rimanere da noi”
“Ma dai, che senza cuore che sei, poverina, non vorrai lasciarla cosí in mezzo a una strada” (veramente credo che si troverebbe perfettamente a suo agio…)
“Guarda, non ho voglia di discutere, ok, puó stare, ma entro un mese deve andarsene. Oggi é il primo Settembre, quindi il primo Ottobre é la data oltre la quale deve avere liberato la stanza”
“Oh ma va benissimo!!  Il primo Ottobre é perfetto, va bene grazie!”.
Nelle settimane seguenti la bionda felina si radica nella stanza degli ospiti come un immigrato clandestino al centro accoglienza: la sento di giorno parlare al telefono in continuazione con mezzo mondo, mentre di sera é mezzo mondo che sente lei russare come un camionista ubriaco dopo la festa della birra. La casa é avvolta da una perenne nebbia generata dai profumi irrespirabili e per un attimo credo di vivere a nuova Delhi. Inoltre reggiseni e mutande hanno sostituiti lucernari e plafoniere e addobbano il calorifero tipo albero di Natale.
Sono settimane di tensione: io prego che mantenga l’impegno levandosi dalle scatole come promesso, il mio coinquilino — rinomato tra i suoi amici e conoscenti per essere un maniaco sessuale, del tipo che se potesse se la farebbe con l’aspirapolvere — ovviamente ci prova spudoratamente utilizzando tattiche diverse e disparate al punto che comincio a temere possa un giorno in preda alla passione decidere di montarle la gamba come un chihuahua al suo rientro a casa.
Ad ogni modo alla fine della

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