Scene da un Matrimonio

Il 29 aprile 2011 si é celebrato il matrimonio piú chiacchierato del decennio: quello tra il Principe William e Catherine Middleton.
Il carrozzone mediatico é stato una delizia per gli occhi e per le orecchie, un’assoluta orgia di frizzi e lazzi da parlarne per anni a venire, ed in questo senso ne sono rimasto molto compiaciuto. Da un altro lato sono rimasto invece stupito, o forse addirittura deluso, dalla mancanza dei giornali britannici di cogliere l’occasione per sollevare editoriali e riflessioni laterali come sono soliti fare: invece il nulla, come se fossero tutti caduti in catalessi.

D’accordo, certamente ci siamo tutti goduti lo show, abbiamo fatto del nostro peggio nel criticare Victoria Beckham e la sua espressione facciale da androide di Guerre Stellari, Elton John che a pranzo é stato probabilmente scambiato per il tacchino, il culo di Pippa che se ottiene qualche altro fan in Facebook puó aprire la pagina business, il cappello di Beatrice che é stato ritoccato tante volte quante licenze di Photoshop esistono al mondo; ma di queste cose ne hanno anche parlato tutti.

Ho invece trovato monotono e persistente che ogni singolo giornale d’informazione abbia trattato la vicenda in pompa magna e con prime pagine l’una identica all’altra, parlando sempre del vestito di Kate, del menu del pranzo reale, dei vestiti degli ospiti, senza paura di causare noia nei lettori royalisti o disappunto in quelli repubblicani, senza paura di offuscare notizie come la guerra in Libia, le rivolte in Siria, la crisi nucleare in Giappone: insomma si puó dire che per una settimana i giornali britannici abbiano fatto il lavoro dei tabloid, svergognatamente mettendo in primo piano notizie scanzonate a discapito di quelle serie (insomma come in Italia in un giorno di informazione normale).

Possibile che, in tutto questo parlare, nessuno abbia voluto riflettere sulla questione dell’utilitá di una monarchia nel 2011, che abbia puntato il dito sulle spese astronomiche per organizzare l’evento, che abbia fatto notare i miliardi di entrate mancate nell’ aver scelto di fermare il paese per un giorno intero (la crisi c’é o non c’é?); le uniche voci britanniche che ho sentito cantare fuori dal coro sono un editoriale dell’Economist – editoriale di matrice poco economica e molto repubblicana, invero – ed uno del Guardian, dove la signorina Polly Toynbee si sbottona per criticare la “societá britannica fanfarona” salvo poi sentirsi dare della “obesa piagnucolona” nei commenti da gente comune che dice: “Per una volta che la nostra societá é unita e funziona e tutti ci invidiano, dovremmo soltanto festeggiare“; magari il commento é a ragione, ma spesso i lettori non capiscono che il lavoro dei giornalisti é darci notizie che non vogliamo sentire.

Posso anche sforzarmi di capire la situazione nel Regno Unito dove, secondo i sondaggi, soltanto il 20% dei britannici si dichiara contrario alla monarchia; inoltre c’é il fattore “fiaba” che é emotivamente irresistibile: da un lato c’é il principe triste la cui amata madre é morta tragicamente, dall’altra una ragazza qualunque (qualunque ma sempre gnocca) che viene salvata da una vita di qualunquismo e birre al pub per entrare nella sfarzosa vita a palazzo. Ma  la cosa forse piú sorprendente é che quest’ approccio mediatico é stato assunto  da praticamente tutti i giornali democratici occidentali, non soltanto da quelli britannici. Una mia ex-collega che vive a Parigi mi ha descritto un quadro quasi identico dalle sue parti, con il popolo tutto in atteggiamenti di morbosa curiositá, quasi di devozione, verso l’evento, e stiamo parlando dei francesi! Capisco l’attenzione degli americani – che poveracci é giá bello che abbiano una cattedrale, figuriamoci una monarchia – ma i francesi! Mi viene da dire che se “se non li decapitavate tutti magari qualche monarca vi rimaneva pure a voi, qua o lá”, ma lasciamo perdere.

La stessa curiositá é stata comunque dimostrata anche dalle altre parti del mondo: secondo i dati, infatti, due miliardi di persone avrebbero guardato il matrimonio in TV o via internet. Due miliardi: si tratta di un terzo della popolazione mondiale.  Il messaggio che recepisco sembra essere: “La monarchia ci piace, ma é meglio se non é in casa nostra”; e forse é proprio cosí: se si considera che nel mondo ci sono 200 stati, e che, di 44 monarchie, 16 fanno capo alla Regina Elisabetta, beh, ne rimangono proprio pochine.
Insomma nessuno vuole la monarchia, ove questa era storicamente presente é sempre stata sistematicamente rimossa: tutti sono consapevoli che un monarca é l’opposto della democrazia, tutti riescono a capire quanto sia sbagliato che il potere esecutivo sia tenuto in mano da una singola famiglia (ne sappiamo qualcosa in Italia dove il mero potere economico si divide tra un circolo di famiglie: Berlusconi, Agnelli, Della Valle, Moratti, etc), e come conseguenza tutti si lasciano andare in adorazione per i principini altrui ma allo stesso tempo tutti sono consapevoli che in casa propria una simile scena non accadrá mai, né mai sará voluta.

Peró nel Regno Unito la situazione é in qualche modo diversa: forse, strappata di ogni potere effettivo, tenuta in gabbia come una canarino esotico al quale bisogna soltanto dare da mangiare, la monarchia riesce a portare qualcosa di buono: dá quel senso di vicinanza umana che una fredda democrazia che cambia faccia ad ogni elezione non é in grado di fornire, agisce come una seconda famiglia, come qualcosa che “sará sempre lí” e fornisce sicurezza, come un guanto che avvolge lo Stato e gli dá una faccia, gli dá grinta e carattere, unisce le persone nei momenti belli e in quelli brutti. Chiunque, quel giorno, in un affollatissimo Mall ricoperto da centinaia di Union Jacks sventolanti, si sarebbe sentito britannico ed emotivamente vicino alla coppia, parte di una famiglia “di tutti”.
E non é un caso che il governo abbia concesso un giorno di festa nazionale, che le speranze e le scommesse per la ripresa economica siano state poste attorno a quel singolo giorno: l’economia é difatti manipolata dall’umore delle persone, i governi ne sono consapevoli, e venerdí scorso con quel matrimonio i britannici hanno ritrovato tanto, tanto ottimismo.

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