Un Giorno della Memoria da Dimenticare

Oggi é accaduto un episodio — che mi riguarda in prima persona — che mi ha lasciato deluso ed amareggiato.

Dovete sapere che la giornata di oggi é riconosciuta dallo Stato come “Armistice Day” (o “Remembrance Day”) in memoria del giorno in cui, 92 anni fa, gli alleati firmavano la deposizione delle armi insieme alla Germania, decretando la fine della prima guerra mondiale. Il giorno é da allora celebrato ogni anno ed oggi include (aggiungo “comodamente” dall’alto del mio cinismo) tutti i soldati morti anche nelle guerre successive, di modo che  effettivamente é diventata la “giornata dei caduti in guerra”.
Non fate errori: la celebrazione é chiamata “giornata dell’armistizio” per fare credere che riunisca tutti quelli che soffrono per avere perso un parente in guerra, ma in realtá, per dirla in una frase concisa, “ognuno piange i suoi”; insomma qua si celebrano le truppe britanniche.
Poi, se mi posso permettere un commento un po’ insolente (perché stiamo parlando di defunti), un osservazione personale che voglio dare é la seguente: la mia impressione é che il Regno Unito sia molto piú devoto alle proprie truppe di quanto non lo sia l’Italia con le sue; se avete occasione di girare per le strade della city, in questi giorni in particolare, vi sará impossibile non notare schiere di uomini e donne che indossano sulle giacche il ‘red poppy‘ (un papavero di plastica che sta ad indicare il supporto della persona che lo porta verso i soldati caduti in guerra), o la folla che si accalca all’Imperial War Museum per rivivere i giorni d’oro del nonno o del papá, o la fioritura di editoriali infiniti sui quotidiani londinesi che decantano eroiche gesta delle forze armate britanniche.

Un sentimento tanto forte conduce inevitabilmente a celebrazioni collettive; ed infatti non ha fatto eccezione la mia ditta, nella quale stamani (non so come sia riuscito a scamparla negli anni precedenti) abbiamo ricevuto un’email generale recante l’annuncio che “l’azienda si unisce alle celebrazioni del giorno della rimembranza: ci saranno due minuti di silenzio alle ore 11am”.
Dovete sapere che alle ore 10.58 stavo uscendo da un meeting con il mio capo; mentre tornavamo alle postazioni di lavoro lo speaker interno annunciava chiaramente che i due minuti di silenzio stavano per cominciare. “Beh,” mi sono detto, “Mentre facciamo i due minuti di silenzio ne approfitto per mettere per iscritto le cose di cui abbiamo discusso seduto tranquillamente alla mia scrivania”.

Bene: nel caso anche voi, come me, non siate imbevuti della perspicacia suprema per comprendere che i due minuti di silenzio non erano solo due minuti di “silenzio vocale” ma proprio due minuti di contemplazione religiosa intesa come “sospensione completa delle attivitá lavorative e raccoglimento generale”, beh, allora forse potrete comprendere la mia sensazione di sorpresa quando, al termine dei due minuti, il mio capo si alza per giungere alla mia scrivania e decantare la seguente frase: “Immagino che in Italia non sia usanza rispettare il silenzio per i propri caduti in battaglia“, alla quale ingenuamente rispondo: “In che senso? Io ho partecipato ai due minuti di silenzio.“. “No,” mi risponde, “eri talmente assorbito dal tuo lavoro da non renderti conto che l’intero ufficio ti stava guardando: eri l’unico che stava lavorando“.
Colto da un onda non tanto di imbarazzo quanto di amarezza per il tono utilizzato, cerco di giustificarmi: “Beh, mi dispiace se ho offeso qualcuno, avevo inteso che erano due minuti di silenzio vocale, credo che le informazioni non siano state completamente chiare”.
Si accoda immediatamente una grigia zitella due scrivanie piú un giu, che proprio non riesce a trattenere il suo disappunto: “E’ evidente che sono due minuti di raccoglimento!!!!!111!!1!”. (Manco l’avesse mandata lei l’email — ma ti potesse venire una bella motilitá intestinale iperattiva con episodi di meteorismo ogni 11 Novembre, cosí rendi musicale il tuo momento di raccoglimento!).

A scenetta terminata (“terminata” per modo di dire, dato che casualmente per il resto della mattina nessuno dei miei colleghi ha avuto piú avuto niente da dirmi) ho cominciato a sentire quella sensazione di coltello nel fianco: é stata la frase “Immagino che in Italia non sia usanza rispettare il silenzio per i propri caduti in battaglia” che mi continuava a rimbombare nella testa… ore dopo mi sono reso conto di sentirmi ancora paonazzo, probabilmente quando gli altri avevano giá smesso di pensare alla vicenda. Mi sono sentito trattato in modo razzista, ingiusto, mi sono sentito nella mente oggetto di frasi come: “ma tanto a lui cosa gliene frega, in Italia nei due minuti di silenzio penseranno forse alle prostitute del presidente“, oppure “Sti italiani di merda che erano alleati con i tedeschi, avrá pensato ad Hitler“, o cose del genere. Forse esagero, ma dopo che ho saputo che c’é anche chi si é lamentato con la direzione perché “l’annuncio allo speaker era incluso nei due minuti che quindi non erano due minuti effettivi di silenzio” ho i miei motivi di lasciarmi andare in considerazioni.
Mi ha irritato in maniera particolare la realizzazione che io non rispettando i loro due minuti di silenzio li abbia potuti offendere: come entrare in sinagoga senza la Kippah in testa; ovviamente il loro disappunto non nasceva dal loro interesse che io potessi raccogliermi in silenzio per dirigere i miei pensieri verso miei ipotetici cari morti in guerra, semmai verso i loro.
In realtá, quello che ho fatto é essermi scusato per non aver assecondato i loro due minuti di silenzio per farli contenti, perché se avessi dovuto prendere una decisione pesata avrei fatto esattamente quello che ho fatto ed avrei continuato a lavorare; e non soltanto perché personalmente ritengo che quei due minuti di silenzio siano molto ipocriti e simbolici (quindi concretamente poco utili), ma perché, per quel che agli altri ne deve interessare, io potrei essere figlio di immigrati Iraqeni morti sotto fuoco britannico; la mia fidanzata potrebbe essere tedesca ed avermi raccontato di come il suo caro nonno é stato torturato dalle truppe britanniche nella prima guerra mondiale; potrei avere mille motivi per non volermi unire ai loro sentimenti e pretendo che loro siano consapevoli di questo; inoltre, quando sono immigrato nel Regno Unito, nessuno mi ha chiesto di giurare fedeltá alla Union Jack, o alla Regina, e presumo quindi che io possa continuare a credere nelle mie ideologie politico-economiche di piacere.

Sempre valutando a ritroso l’evento, ho deciso che dall’anno prossimo in quei due minuti usciró dall’ufficio, sempre per rispetto, e, se qualcuno mi chiederá il perché, riporteró semplicemente il mio punto di vista: che non capisco il motivo per cui si debba dare piú valore ad un caduto in guerra rispetto ad un qualunque caduto sul lavoro — dato che ritengo della stessa cosa si tratti — né comprendo perché il soldato che muore tentando di uccidere un’ altro soldato debba avere piú dignitá di mio nonno morto scivolato su una putrella del tetto di casa mia. E non credo che soltanto i soldati possano onorarsi dell’ “essere caduti mentre difendevano il proprio paese”, perché allora tutte le scorte personali che sono saltate per aria mentre portavano un magistrato in tribunale, o gli artificieri che sono esplosi mentre cercavano di disinnescare una bomba piazzata da terroristi (magari pure loro concittadini), o semplicemente tutti quei cittadini iraniani, o pakistani, o di qualunque paese del mondo, che volevano solo uscire a comprare il latte e si sono trovati una pallottola “alleata” tra di denti, che ne é di loro? Ce li hanno anche loro i due minuti di silenzio ed i fiorellini da appendere alla giacca?

Trovo sia troppo semplice simbolicamente ricordare, e pretendere che anche gli altri lo facciano, quando su argomenti tanto delicati ci si perde cosí facilmente in sterili simbologismi.

Questa cosa fa smuovere un pochino la coscienza, perché penso che volevo davvero chiedere la cittadinanza britannica l’anno prossimo, credevo che ne sarei stato onorato, ma in un attimo mi rendo conto che non saró mai un cittadino britannico, né ai miei occhi, né agli occhi degli altri. E’ tutto talmente stupido: troppi ragionamenti vertono attorno a linee immaginarie che determinano come la gente si aspetta che tu ragioni: come costruire le proprie paure ed i propri timori, come definire il giusto dallo sbagliato, il buono dal cattivo, il bene dal male.
Forse i miei colleghi credono che se mi trovassi in Italia indosserei il papavero per i “miei” soldati, o mi recherei all’Altare della Patria a lasciare i fiori ai miei antenati?
Io non credo nel nazionalismo e non sono patriota. Sono nato in Italia ma avrei potuto nascere in qualsiasi altro stato del mondo, non appartengo a nessuno stato; semmai appartengo alla razza umana: se piango, piango per quella.
Ecco perché non ho speranze di vita in nessun’altro posto che non sia una metropoli: ho bisogno di un punto di incontro dove persone di diverse nazionalitá si sentono allo stesso livello e non danno cose per scontato, hanno loro idee, discutono, cambiano, si influenzano, accettano di farlo per il fatto di trovarsi lí. Non si aspettano ragionamenti di un certo tipo perché sono nati in certi posti, e usano il termine “nazionalitá” per definire il proprio passato ma il proprio futuro.
Oggi, nella terra dei disadattati, si festeggia il giorno della memoria da dimenticare.

512 comments to Un Giorno della Memoria da Dimenticare

  • Carlos

    Considerarsi cittadini del mondo, appartenenti alla razza umana piuttosto che ad una singola nazionalità (e per me è proprio così) fa si che gli italiani possano essere considerati anch’essi degli stranieri e per questo perché non parlare anche con loro? In fondo anche tra gli italici si trova di tanto in tanto qualche stimolante soggetto. Ho conosciuto qualche anno fa una straordinaria persona, Virgilio si chiama, che mi disse “… bisogna fare di tutte le erbe un fascio e poi distinguere”… ho imparato nel tempo a dargli pienamente ragione…

  • mindthegap

    Mah, da me, nei tre anni al lavoro (a Londra) non abbiamo mai osservato minuti di silenzio. Potrebbero, molto semplicemente, essere anche piuttosto “bacchettoni” dove lavori te.

    Da me molti porta(vano) il Poppy, il primo anno ho chiesto, e mi spiego’ cosa significava un mio collega 25enne… se avessi fatto io la stessa cosa a Roma mi avrebbero dato del guerrafondaio. Come minimo.
    Ho sempre apprezzato gli inglesi per il loro supporto verso chi é stato in guerra, il loro esercito (nel loro caso peró é molto piú facile – il loro é un esercito percepito come “buono”), senza dover ogni volta finire in estenuanti ed inutili discussioni, ma concordo con le perplessita circa i due minuti di silenzio in azienda.

    Riguardo la contro-battuta quando danno contro all’Italia o all’esercito italiano e WW2, ho sempre molto successo la battuta sul cambio campo tra primo e secondo tempo… 🙂

  • graz

    perdona la mia ignoranza Oby, sono un caprone..
    ARIGATOU (spero di averlo scritto giusto)

  • graz

    ok per la birra..io sono in italia, ma se mi dici la data vedo di salire a london per l’evento..(stai diventanto un pò il LELE MORA dei misfit..)

    a ri gatò

  • graz

    @ thescassballs: a me oby versa regolarmente ogni mese un importo preventivamente concordato, in base al numero di post che lascio sul suo blog. ovviamente sono sempre e comunque dalla sua parte.. ah ah ah ah ah ah ah

    ciao OB(B)Y

    • Oby

      Non cominciamo ad allargarci, al massimo offro un giro di birre alla prima misfit night out che capita (che a proposito sarebbe ora che capitasse a Dicembre: chi é in cittá? :D).

  • MaXiMo

    Il supporto alle proprie truppe è il primo indice di identità di un paese nella sua intierezza, quindi non stupisce l’atteggiamento del tuo capo, sicuramente fasullo in quanto avrebbe tenuto il tuo medesimo comportamento se fosse occupato in uno stato estero, ma necessario data l’espressione ‘pubblica’ del sentimento di appartenenza. Poi noi nati nel paese dello stellone abbiamo difficoltà a concepire il patriottismo (tipica differenza con i paesi nordici) contrapposto al nazionalismo identificando entrambi i sentimenti nel medesimo modo. Aggiungiamo anche il disastro del ventennio fascista, la codardia della dinastia sabauda di sottoscrivere un armistizio lasciando allo sbando tutte le forze armate italiane, una falsa retorica di sinistra ed un senso di colpa delle stesse forze armate italiane che porta a non capire e comprendere cosa significa per gli altri queste dimostrazioni di identità e orgoglio patriotico. Possiamo discutere quanto vogliamo se questo sentimento ostentato sia vero o imposto dalla società ma uno stato risiede sull’amore dei propri cittadini per la propria patria, nel caso questo non avvenga abbiamo l’esempio davanti gli occhi tutti i giorni quando usciamo dalla propria casa.

  • Questo è un atteggiamento piuttosto comune nei popoli nord-europei. E’ un comportamento infarcito di pregiudizio, e sospetto che venga da una forma di invidia inconscia verso i popoli che hanno una cultura meno rigorosa della loro (intendiamoci: personalmente penso che tra i due estremi, tra rigorosità e rispetto delle regole da una parte, e sfacelo all’italiana dall’altra, sia meglio il loro estremo, non il nostro).
    Il tuo episodio mi fa tornare in mente quando mi trovavo in una sperduta base in cui c’erano poche postazioni internet, e un collega tedesco sbucò da dietro un angolo per farmi un lungo pistolotto di rimprovero quando mi vide sedermi alla postazione appena liberatasi. E’ vero: toccava a lui prima di me. Gli sfuggiva però il fatto che se ti infili in un’altra stanza a chiacchierare, è un po’ difficile per gli altri capire che stai facendo la fila. Ma questi son dettagli: fare la predica all’italiano indisciplinato è un’occasione troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire.
    Non conto poi le volte che mi è successo con i francesi (i quali in realtà sono più indisciplinati dei napoletani, solo che sono convinti di essere più tedeschi dei tedeschi, ma questa è un’altra storia).
    Do solito in questi casi li liquido con una risposta ironica in cui ammetto la nostra supposta inferiorità. Funziona.

  • Alex in the Sky

    Sono molto stupito come, nonostante tu sia residente in UK da quattro anni, ti sei ritrovato ingenuamente in questa situazione, e come la cosa ti abbia segnato così profondamente. Sentimenti di patetico e grossolano nazionalismo si avvertono immediatamente, e sono palpabili ovunque: dai fiori rossi per la memoria, alle bandiere esposte fuori casa, ai poster pubblicitari della Tesco. La sensazione di non essere troppo lontani da “1984” è veramente presente, soprattutto per noi italiani credo. Capisco perfettamente come questo fatto ti abbia colpito, ed è forse indice di un’integrazione ancora lacunosa (sia chiaro, non che per il futuro dovrai veramente provare qualcosa per questo giorno – nella fattispecie – ma se non altro essere abbastanza sensibile per sapere come loro pongano importanza in queste cose, quindi agire di conseguenza). Sotto un aspetto più concreto, saprai bene che c’è gente che viene licenziata per cose di questo tipo!

  • thescassballs

    Hai ragione, Obi, i soldati della WWI non erano esseri umani, ma perfidi servitori dell’imperialismo. Quattro anni che sei in Inghilterra e non hai ancora capito come funzionano le cose.
    Ti lamenti degli stereotipi, quando poi con il tuo menefreghismo non fai che confermarli. Dopo, ti pulisci la coscienza scrivendo le solite fesserie pseudo-illuminate per pontificare con i tuoi troppo condiscendenti lettori.
    Inoltre: sono anni che lavori in quell’azienza, sarà mica stato il primo Armistice Day che hai affrontato? O dovevi provare per l’ennesima volta di essere un Misfit? Complimenti.

    • Oby

      “thescassballs”, non mi sembra di avere ritratto i soldati della WWI come “perfidi servitori dell’imperialismo”. Ho evidenziato una personale opinione sulla differenza di trattamento tra i soldati morti in guerra ed altri servitori dello stato. Non capisco a cosa ti riferisci quando parli del mio menefreghismo, magari se mi fai un esempio ne possiamo discutere.
      Come ho scritto nell’articolo, non so come ho fatto ad evitare 3 Armistice Days fino ad oggi, quindi ero in vacanza o in bagno. Infine, riguardo i miei “troppo condiscendenti lettori”, credo si tratti semplicemente di persone che concordano con il mio punto di vista, personalmente non li pago, e ti assicuro che ognuno di loro ha opinioni personali che rispetto; pure tu hai letto e commentato, e nessuno ti mette alla gogna se hai un’opinione diversa.

  • Sergio

    Imposizioni come quelle dei “minuti di silenzio” sono effettivamente assurde ed inutili. Credo che onorare i propri defunti sia una questione personale. Ogni espressione esterna di tale attività mi pare abbastanza esibizionistica, nel senso: “Guarda che brava persona che sono perché io onoro i miei defunti e quelli di tutta la nazione”. Alcune persone sono morte, ovviamente non ce ne rallegriamo, ma ognuno dovrebbe essere libero di scegliere quali conclusioni trarre da queste morti. Non credo che in due minuti si riesca ad onorare adeguatamente la morte di così tante persone. Il tuo capo poi è stato davvero inopportuno. Poteva dirti, innanzitutto, le stesse cose in privato. E’ ovvio che la rabbia, per qualcosa che non riguarda i caduti, ha preso il sopravvento e l’ha spinto ad attaccarti pubblicamente. Forse si è sentito in obbligo di mostrare chiaramente ai tuoi colleghi da che parte sta. Che abbia condito tutto questo con una frase razzista/campanilista mostra che la sua rabbia non ha a che fare con i caduti, ma con qualcosa di diverso che gli rode dentro.
    Resta il fatto che nel paese della libertà di espressione, dovrebbero riconoscere che fa parte di questa stessa libertà anche il decidere di non aderire a tali attività. E non deve servire una giustificazione per questo. Indipendentemente da dove sono nato e da chi sono i miei genitori devo essere libero di non unirmi al coro degli onori.

    • Oby

      Esatto, sarebbe stato tanto difficile dirmi le stesse cose in privato?! Che poi sarebbe anche stato un approccio decisamente piú “british”, dato che appena due persone non concordano di solito si rinchiudono in una sala meeting e se devono si prendono per i capelli lo fanno lí. E’ stato decisamente un getto d’istinto, da parte del mio capo almeno. Di certo il prossimo anno punto la sveglia in anticipo e per magia sparisco dall’ufficio! Mi rinchiuderó comodamente in bagno.

  • tytania

    sì, un po’ di razzismo viene fuori dalla frase del tuo capo e il tuo risentimento è più che comprensibile. anche a me capita così. si sentono superiori e generalizzano, a volte usando la razza, a volte la professione, a volte il sesso e ti appioppano delle sentenze sibilanti. episodio molto spiacevole, non c’è che dire. e hai proprio ragione, ci va poco coraggio a prendersela con la nazionalità, con la nostra, poi…

  • “Io non credo nel nazionalismo e non sono patriota. Sono nato in Italia ma avrei potuto nascere in qualsiasi altro stato del mondo, non appartengo a nessuno stato; semmai appartengo alla razza umana: se piango, piango per quella.”
    La penso esattamente come te e forse è per questo che al lavoro parlo più con gli stranieri che con gli italiani, mi incuriosisce il loro stile di vita, quello che lasciano e quello che sperano di trovare e soprattutto mi farebbe piacere che se fossi io al loro posto ci sia qualcuno che mi faccia sentire il benvenuto.

  • Blossom

    anche io non ho mai capito bene l’utilità del minuto di silenzio in un ambiente privato…capisco allo stadio, o all’indomani di un attentato, ma quello che richiedeva la vostra ditta mi sembra una grossa ipocrisia.
    Uno può essere invitato a riflettere su un tema, ma la riflessione deve avvenire dentro di se, non tipo display pubblico con tanto di messa alla gogna se uno non ci riflette su dalle 11 alle 11.02 del giorno tale.
    Conoscendo gli inglesi, comunque, mi sa che quello che non è andato giù ai tuoi colleghi non è stato tanto il non rispetto ai loro caduti, quanto il tuo non adempiere a delle regole, il tuo non rispettare “il comando”. Quasi un ultras, insomma. 😉

    Per quanto riguarda il sentimento di ingiustizia, quello è normale e prima o poi capita a tutti coloro che vivono fuori dal loro paese, anche perchè richiede meno coraggio prendersela con la nazionalità che con la persona. Poi l’italiano è sempre visto come maleducato, quindi ci si porta addosso volenti o nolenti pure i cliche.
    Concordo con te su tutto: w i cittadini del mondo.

    • Oby

      A freddo, credo sia come dici tu: il non adempiere alle regole ha scattato la molla, la mancanza di rispetto é forse stato il catalizzatore dell’infuriata. Comunque il giorno dopo era tutto come prima, se non altro sono stati onesti e non hanno “covato” rancori 🙂 Poi vabbé credo abbiano visto che sono letteralmente “caduto dal pero” quando mi hanno spiegato cosa erano i due minuti di silenzio 😀