Il Senso di Mary per i Gatti

I casi di notizie che si propagano di bocca in bocca hanno la peculiaritá di essere completamente casuali ed imprevedibili, spesso legati ad un singolo evento riguardante una singola persona, e quasi sempre irradiati fuori proporzione.

Notizie che sono di natura rivelatrice e clamorosa, come i casi di Wikileaks, possono rimanere confinate alla conoscenza di poche persone che leggono quotidianamente i giornali di informazione, mentre casi ridicoli come un giornale di infimo livello che pubblica una notizia falsa e non verificata possono scatenare reazioni di indignazione pubblica che si protraggono per settimane.

Per i motivi succitati la storiella della settimana nel Regno Unito non é lo scandalo delle partite di Cricket truccate, né l’eruziona del vulcano sull’isola di Sumatra, né le fotografie della neonata figlia di Cameron, bensí l’ordinaria vicenda di un caso di tortura sugli animali (pure piottosto blanda, in questo caso) perpetrata da un’ impacciata signora del Coventry che, di ritorno dal lavoro, ha deciso di sfogare la propria frustrazione verso il mondo infilando il gatto dei vicini nel cestino dell’umido. Me ne rendo conto, ma ridicolo quanto puó suonare questo é quello che é successo; con la differenza che i vicini della signora -nonché proprietari del gatto- che avevano installato una videocamera di sorveglianza fuori dalla loro residenza, hanno catturato in un video l’inglorioso atto e l’hanno consecutivamente postato su Youtube scatenando un’autentica “caccia alla strega” che nel giro di poche giorni ha macinato un milione di visitatori e consegnato alla gogna mediatica una schiva commessa di banca -certamente antipatica e facilmente detestabile, ma certamente non fuori dal comune come personaggio- che, catturata con le mani nella marmellata (o nel cestino), non ha potuto fare altro che scusarsi con i proprietari del gatto e con il resto del mondo per evitare ulteriori mortificazioni, asserendo che il gesto é nato da “un’ inspiegabile momento di stupiditá”. Non é ovviamente bastato: le fiamme dell’incendio mediatico, come in tutti i casi “virali” come questo, sono prone a bruciare ben oltre il tempo di cottura. La signora Mary Bale é ancora nel centro del mirino e sotto in fuoco incrociato di giornali, vicini, editorialisti, programmi tv, social networks. Dopo che il suo gesto ha ricevuto fama nazionale la signora ha ricevuto minacce di morte: alcuni gruppi in Facebook sono stati chiusi per incitamento alla tortura, mutilazione e omicidio (stiamo parlando della signora, eh, non del gatto). Mary Bale é stata incoronata “la donna piú malvagia del Regno Unito“, é stata denigrata, denunciata, psicanalizzata, é diventata un videogioco in flash, ha fatto nascere centinaia di “spoof videos”, ed il suo datore di lavoro (Royal Bank of Scotland) ha comunicato che sta valutando se terminare il suo contratto di lavoro.

Francamente, vorrei evitare di buttare benzina sul fuoco mediatico (non fosse altro che é esattamente quello che sto facendo) ma vorrei anche riflettere su quel che significa in un mondo come il nostro perdere il proprio tempo in guerre animistiche contro le persone definite “cattive” da giornali e media in generale. Il fatto che ció che nasce come gesto deprecabile (concorderemo che lo é) sia sufficiente a generare il “mostro” giá la dice lunga. Abbiamo in diverse parti del mondo casi di omicidi di massa operati a carico di una singola persona, abbiamo torture ed ingiustizie praticate piú e piú volte e rimaste impunite, o peggio ancora ignorate, e spesso il giornalista che rischia la pelle per portare alla luce tali eventi si ritrova accolto da un eco mediatico blando e cheto.
L’opinione pubblica inoltre sembra avere l’impressione che quello che non appare sul giornale non accade.
La veritá é che dietro notizie come questa c’é la triste constatazione che l’empatia umana viene generata soltanto in casi ove il lettore si sente vicino alla vittima della malefatta. In questo caso ci sono 7 milioni di britannici che possiedono un gatto e si sentono di riflesso identificabili con i proprietari di Lola (e certamente il gatto Lola non é l’unico ad essere rimasto chiuso in un cestino per 15 ore); dall’altro lato realtá quotidiane e ben piú crudeli come le torture umane nate da matrici razziste, sessiste, religiose o di potere, o qualunque caso di quotidiano abusi dei diritti umani, sono talmente comuni ed abusate da rappresentare la normalitá e quindi la noia. E’ proprio vero: ci si abitua a tutto. Chissá cosa sarebbe successo se la signora Mary avesse cestinato un immigrato o un disabile.

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